Primo piano su Tangeri

Primo piano su Tangeri

Aperto nell’estate 2023, un elegante hotel ricavato dal restauro di una fascinosa villa sul mare ha portato nuovamente alla ribalta l’enclave bohémienne del Marocco.
Vista su Tangeri
Vista sui tetti di Tangeri

All’ora dell’aperitivo i visitatori di Tangeri si ritrovano sulle terrazze panoramiche degli hotel nella medina per osservare il sole che tramonta sullo Stretto di Gibilterra. Le tortore volteggiano e si tuffano in picchiata nel crepuscolo lilla. Le luci del porto si accendono e si riflettono sulla baia, dove un vecchio veliero sta prendendo il largo. A est si stagliano in lontananza i profili curvi della Rocca di Gibilterra e del Jebel Musa, le Colonne d’Ercole, che nella luce calante assumono una tonalità viola.

Poco dopo le 18, da un altoparlante si sente un crepitio sordo, seguito da un canto roco a cui si aggiunge un’altra voce, e poi un’altra ancora. Un canto a tutto tondo proveniente da diverse fonti, con vari livelli di intensità: l’adhan, il richiamo alla preghiera della sera. Nel salotto di Villa Mabrouka il fuoco attenua l’aria fredda di novembre. Turisti, residenti stranieri e gente del posto parlano della recente ondata di cambiamenti che ha coinvolto la città e delle aspettative che ha suscitato.

Route de la Plage
Route de la Plage Merkala, che costeggia lo Stretto di Gibilterra. Foto di Chris Wallace

Tra questi, nel panorama dell’ospitalità spicca proprio Villa Mabrouka, un hotel con 12 suite ricavato da quella che un tempo era la casa di vacanza di Yves Saint Laurent e Pierre Bergé, acquistata nel 2019 dal designer britannico Jasper Conran. Inaugurato nel giugno 2023, l’hotel è stato rinnovato e arredato da Conran in un eclettico e giocoso massimalismo cha rappresenta la sua versione personale dello stile di Tangeri. Con prati curati che digradano verso il mare e boschetti di palme secolari, la proprietà offre un’atmosfera intima, una sorta di Chateau Marmont del Nord Africa, nonostante si trovi in comoda posizione al margine occidentale della casbah.

L’apertura dell’hotel ha suscitato un notevole clamore, insieme alla speranza che Villa Mabrouka – che in arabo significa “casa della fortuna” – possa finalmente fare di Tangeri quella destinazione internazionale che gli addetti ai lavori pronosticano da vent’anni, in grado di attrarre, oltre ai viaggiatori europei, anche un pubblico globale più ampio.

Una cena a lume di candela nel ristorante di Villa Mabrouka. Foto di Chris Wallace

Non che siano mancati i tentativi. Le iniziative per fare di Tangeri un polo turistico e di investimenti sono in corso dal 1999, da quando cioè il re Mohammed VI ha dato l’incarico di rivitalizzare questa antica città portuale, che si dà il caso sia anche sede della sua residenza estiva. Da anni le gru affollano il lungomare. Le strade scintillanti che conducono al centro città attraversano una sfilata di nuovi edifici in stucco, addirittura quartieri nati ex novo. È in via d’arrivo l’hotel Waldorf-Astoria, con 115 tra camere e suite, la cui apertura è prevista nel 2025. Durante la mia recente visita ho sentito più di una volta la parola “gentrificazione”. Ma l’ottimismo non si limita solo alle novità. In centro mi sono imbattuto in una delle migliori librerie che abbia mai visto, la Librairie des Colonnes, dove pile di titoli d’arte rari, tra cui una monografia di David Hammons, erano affiancate da testi sociologici in cinque lingue diverse.

Uno sguardo alla scena artistica

La Cinémathèque de Tanger, recentemente rinnovata, con la sua splendida facciata in stile art déco, la programmazione di film d’essai e il caffè al chiuso e all’aperto, ha un’atmosfera vibrante e piena di vita come immagino fosse la rive gauche a Parigi negli anni 60. Lo spirito del ’68 si respira anche al Kiosk Think Tanger, a due passi da Boulevard Pasteur, vicino al venerando Grand Café. In questa vecchia sala da scacchi, il collettivo artistico e culturale no-profit Think Tanger ospita eventi e vende opere di artisti locali. Secondo uno dei suoi fondatori, Hicham Bouzid, le mostre d’arte e l’attività commerciale costituiscono solo una tessera del mosaico.

Da sinistra: una passeggiata in Rue d’Italie; un mercante si gode una pausa per il tè nella medina. Foto di Chris Wallace

«Il Kiosk è un polo di socializzazione, un caffè, un negozio in cui si possono acquistare libri e stampe», spiega Bouzid. «Ma soprattutto è un luogo di ritrovo. Abbiamo anche una rivista chiamata Makan, che in arabo significa ‘spazio’, in cui si parla di architettura, urbanistica e vita sociale a Tangeri e dintorni». Forse inevitabilmente, tutti questi cambiamenti hanno la conseguenza involontaria di attirare l’attenzione su ciò che manca a Tangeri. Per fare un esempio, perché questa città così amata dagli artisti e dai collezionisti d’arte non possiede gallerie prestigiose come quelle che si trovano ad Atene o a Maiorca?

Marrakech ospita una serie di conferenze internazionali, mentre molte delle istituzioni e dei grandi musei del Marocco si trovano nella capitale, Rabat. Secondo Bouzid la scena artistica di Tangeri ha il potenziale per essere molto più stimolante, dinamica e indipendente. Uno degli obiettivi che lui e gli altri due fondatori si sono prefissati per il Think Tanger è riconoscere e coltivare gli ecosistemi creativi nascenti. «Tangeri svilupperà le proprie strutture culturali», sostiene, e secondo lui queste saranno «sorprendenti e alternative» rispetto a qualsiasi altro luogo.

All’ora dell’aperitivo

Nonostante sia rinomata per le istituzioni culturali, Tangeri non gode ancora fama di meta interessante per quanto riguarda la ristorazione e i locali. Per fortuna uno dei miei ristoranti preferiti al mondo, il Saveur de Poisson, riscuote sempre grande successo. Questo locale alla mano a conduzione familiare, che serve un menu fisso con zuppa di pesce e grigliate, si trova appena in cima alle scale dell’animato Marché Central de Poisson. Una serata a El Morocco Club – rivisitazione nostalgica dell’omonimo supper club newyorkese degli anni 30 – è sempre una buona idea. Certo, ho letto molte autobiografie in cui espatriati inglesi e membri dei Rolling Stones in visita in città raccontano di essere andati ogni tanto a mangiare la pizza alla Casa d’Italia. Ma pare che la vera scena sociale di Tangeri sia quella privata. Come a Los Angeles prima di Instagram, la gente si ritrova per lo più a cene in casa.

Più pensavo al clima di Tangeri, alla sua flora e alle caratteristiche geografiche e psicologiche simili a quelle della mia città di origine, Los Angeles, più capivo perché mi sentivo così a casa. Visitare gli amici sulle colline a ovest della medina mi ricordava molto il Laurel Canyon degli anni 90. Su una scogliera che dominava lo stretto, l’odore medicinale dell’eucalipto richiamava un intenso ricordo dei campi di Pacific Palisades, delle partite di calcio sull’erba ancora bagnata dalla rugiada primaverile. Solo i dromedari indigeni decorati con nappine cremisi e dorate mi ricordavano che mi trovavo più vicino al Sahara che al Mojave.

Dipinti murali Lawrence Mynott
Dipinti murali trompe-l’oeil di Lawrence Mynott a Villa Mabrouka. Foto di Chris Wallace

Anche la geografia del luogo, la sua sensazione di isolamento fisico, è simile: da un lato cinta dalle montagne e dal deserto, dall’altro dal mare. La città accoglie tutti i visitatori (“accidentali”, come a volte vengono chiamati) indipendentemente dallo scopo del loro viaggio, per evadere o per reinventarsi. Trovare quella sensazione di comprensione, scoperta, conforto o delizioso smarrimento in un posto nuovo è un elemento importante del motivo per cui viaggio. Ma la nostra lettura non si svolge nel vuoto. È intrecciata con la storia che raccontiamo a noi stessi: la narrazione culturale che un luogo proietta e ha proiettato su di sé. E Tangeri, per una persona della mia età e con i miei interessi, vanta una delle narrazioni più singolari e potenti del mondo.

Tra mito e realtà

È difficile pensare a Tangeri senza tener conto della sua reputazione di luogo di evasione per i bianchi occidentali di una certa classe. Nel 2013, quando Anthony Bourdain girò in città un episodio di Parts Unknown, lo incentrò su Paul Bowles e gli scrittori della beat generation. Per anni, secondo Bourdain, si era diffusa l’idea che “tutto era permesso, niente era proibito”, che se “ti piacevano le droghe, il tipo di sesso bandito nel tuo Paese, e uno stile di vita accessibile su uno sfondo esotico, Tangeri era ciò che faceva per te”.

Questa reputazione ha influenzato il carattere degli occidentali arrivati in città da allora. Fino agli anni 90, quando lo stilista di origine algerina Yves Saint Laurent si stabilì a Tangeri, un gruppo di inglesi composto da antiquari e giornalisti, artisti e collezionisti, aristocratici e sfaccendati del suo ambiente si aggrappava ancora al concetto di Tangeri come utopia bohémienne e si impegnava a ricrearla. E forse tutti noi lo facciamo ancora, in un certo senso. «Per anni ho lottato contro questa concezione», dice Bouzid parlando della Tangeri licenziosa dell’immaginario popolare. «Ora me ne sono un po’ distaccato, perché adesso stiamo creando noi la nostra immagine. Ed è raro che le nuove generazioni del luogo sappiano qualcosa sugli scrittori beat», aggiunge.

Marrakech Suite
La Marrakech Suite, ex camera da letto di Yves Saint Laurent, a Villa Mabrouka. Foto di Chris Wallace

Per Jasper Conran, la narrazione fantastica di Tangeri è una parte della storia, ma non l’unica. «Tangeri può reggersi da sola senza suggestioni nostalgiche», mi ha detto. «Ma proprio quelle sono incredibilmente affascinanti da raggiungere ed esplorare». Dal punto di vista estetico, la città ha il proprio retaggio, mescolato con un cocktail di influssi. «Data la sua vicinanza all’Europa, Tangeri presenta quel curioso connubio di Europa e Africa, in cui la cultura islamica dell’XI secolo si scontra con la modernità del Novecento», mi ha spiegato Conran.

Queste influenze sono evidenti nella combinazione di oggetti presenti nella mia stanza a Villa Mabrouka. In quella che fu la camera da letto di Saint Laurent ci sono un tavolo intarsiato di perle provenienti dalla Siria, una coperta di cashmere verde Kermit di origine indiana e lanterne marocchine. Il padiglione a bordo piscina è stato progettato dall’architetto americano Stuart Church, mentre il gazebo da pranzo ristrutturato presenta pareti trompe-l’oeil dipinte dall’artista inglese Lawrence Mynott.

La piscina e il padiglione piastrellati di turchese a Villa Mabrouka. Foto di Chris Wallace

Nel 2016 Conran, affascinato dagli hotel fin da quando, adolescente, aveva letto Hotel Splendide di Ludwig Bemelmans, ne ha aperto uno tutto suo, L’Hôtel Marrakech. Pur essendo da anni un visitatore abituale di Tangeri, dice di aver sempre pensato alla città come a una «enclave segreta». E aggiunge, «fa parte della leggenda della città». Conran si augura che la sua “casa della fortuna” associ l’idea nostalgica della città con la realtà contemporanea del lusso, rendendo le visite a Tangeri «più facili e più confortevoli». La prima cosa che faccio ogni volta che torno qui è ripercorrere la casbah dai muri bianchi, la zona più affollata della città, come se ne tracciassi nuovamente la mappa, ricordando i suoi angoli labirintici e ritrovando vecchi percorsi del pensiero.

Passeggiando tra casbah e medina

Durante questa visita il lato nord del quartiere era tranquillo, quasi deserto. Due viaggiatrici svizzere che si scattavano selfie erano le uniche visitatrici del Café Baba, dove Bowles e gli Stones fumavano kif. Nel labirinto si aggiravano alcuni uomini soli che indossavano djellaba invernali, mantelli di lana con cappucci appuntiti simili a quelli dei maghi. Il forte Borj En-Naam, oggi convertito in museo dedicato a Ibn Battuta, grande esploratore del XIV secolo originario di Tangeri, era deserto. Ma è bastato camminare per un breve tratto verso il lato meridionale della casbah e l’antica medina, passando dal fantastico emporio Boutique Majid – forse il più grande negozio del mondo di lanterne, tappeti e ogni sorta di oggetti da collezione – per rovesciare quella sensazione di solitudine e sentirmi parte di una piccola comunità.

casbah Tangeri
Il tramonto sui tetti della casbah. Foto di Chris Wallace

Nel centro di questo vivace villaggio in cui si viene a condividere notizie e pettegolezzi del giorno, nella mia comunione solitaria con l’energia di tutta questa gente che sorseggiava una bevanda al Café Tinjis nella medina, ascoltando conversazioni in arabo, turco, tedesco, francese, italiano, inglese, ho provato un senso di appartenenza. Mi sono sentito coinvolto e vivo: non un fantasma sbiadito che vaga nella nostalgia o nel ricordo, ma qualcosa di vibrante e nuovo, intessuto in una storia ancora in via di scrittura.

Dove dormire

Hôtel Nord-Pinus Tanger

Un riad dal design splendido, al margine settentrionale della casbah e affacciato sullo Stretto di Gibilterra. La terrazza sul tetto, per la colazione o l’aperitivo al tramonto, è uno dei punti panoramici più belli della città.

Villa Mabrouka

L’hotel di 12 suite del designer inglese Jasper Conran era un tempo la casa di Yves Saint Laurent. Include un ristorante di cucina mediterranea, giardini lussureggianti e una favolosa piscina.

Dove mangiare

El Morocco Club

Uno dei ristoranti più raffinati della città. Il piano bar annesso è un classico ritrovo della vita notturna dove vedere e farsi vedere.

Le Saveur de Poisson

Ormai un’istituzione di Tangeri, questo popolare ristorante (che accetta solo contanti) serve una deliziosa zuppa, una portata principale a base di pesce freschissimo servita su piatti di argilla sfrigolanti (per esempio alla griglia con salsa harissa) e succo di melagrana.

Cosa fare

Boutique Majid

Questo emporio dall’atmosfera magica è un labirinto di splendidi tappeti accatastati in pile che raggiungono l’altezza delle spalle, magnifici arazzi marocchini appesi alle pareti, lanterne e manufatti di ogni genere. Il proprietario racconta ai clienti storie dei Rolling Stones, dei grandi stilisti, degli arredatori e di tutti gli altri personaggi che hanno visitato il negozio.

Cinémathèque de Tanger

Dietro la magnifica facciata art déco si cela un luogo di ritrovo culturale: una sala cinematografica che proietta film nuovi e classici e un caffè che ha anche tavoli all’aperto.

Kiosk Think Tanger

Libreria, negozio di stampe, caffè e centro creativo in un unico ambiente: la sede del collettivo di arte e urbanistica e dell’associazione no-profit Think Tanger è un punto di riferimento vitale per la comunità.

Librairie des Colonnes

Una libreria perfetta, ricca di opere accademiche su questioni di rilevanza locale e personaggi di spicco, oltre a libri d’arte, riviste di moda e misteri del posto.—C.W.

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