Castelmezzano, un borgo abbracciato dalla roccia

Castelmezzano, un borgo abbracciato dalla roccia

Tra il brivido del Volo dell’Angelo, le discese della nuova slittovia e le ferrate, il paese lucano è il regno delle esperienze outdoor. Ma anche della buona tavola.
Veduta di Castelmezzano, uno dei tesori della Basilicata e considerato tra i borghi più belli d’Italia
Veduta di Castelmezzano, uno dei tesori della Basilicata e considerato tra i borghi più belli d’Italia. Foto di Lorenzo Palazzo

«Sembra un dipinto». È la frase che si sente dire più spesso quando si arriva a Castelmezzano, sussurrata con stupore, quasi senza rendersene conto. Perché il borgo, a poca distanza da Potenza, appare all’improvviso, dopo tornanti che si attorcigliano su se stessi, nascosto fino all’ultimo dietro le pieghe della montagna. Poi, quando meno te lo aspetti, si svela in tutta la sua bellezza proprio come se fosse un quadro d’autore. Le case sembrano fondersi con la pietra, i picchi rocciosi si innalzano verso il cielo come torri naturali, i vicoli e le scalinate si arrampicano seguendo il respiro della pietra. Un luogo che sembra sospeso nel tempo, incastonato tra le Dolomiti Lucane. E in effetti, Castelmezzano nasce proprio come rifugio, un nido segreto dove, secondo la leggenda, un pastore di nome Paolino trovò scampo dalle incursioni saracene.

Si dice che fu lui il primo ad addentrarsi tra queste montagne, nella parte più a est sul monte Paschiere (monte del pascolo), dove la vegetazione fitta e le gole profonde creavano un nascondiglio naturale. Qui, tra gli alberi ad alto fusto e le pareti di roccia, la natura stessa offriva protezione a chi sapeva abitarla. Così, sulle antiche rovine di un “Castrum”, prese vita il paese – oggi inserito tra i Borghi più Belli d’Italia e Bandiera Arancione del Touring Club – che tuttora mantiene il suo impianto medievale. La storia di questo piccolo centro nel cuore del Parco Regionale di Gallipoli Cognato è tutta concentrata nella sua posizione: austera, solitaria, quasi intoccabile. Il punto di partenza è piazza Caizzo, la terrazza belvedere da cui scattare le più belle foto ricordo e godere delle vette dai nomi fantasiosi: l’aquila reale, l’incudine, la grande madre, la civetta.

Uno scorcio dei vicoli e delle case “abbracciate” alla roccia. Foto di Font83/Shutterstock

Sulle orme dei Templari

Qui affaccia la Chiesa Madre di Santa Maria, edificata nel XIII secolo in pietra locale: al suo interno conserva importanti opere, come una statua lignea trecentesca raffigurante la Madonna con Bambino (detta dell’Olmo), un altare ligneo in stile barocco e la Sacra Famiglia di Girolamo Bresciano. La chiesa è legata anche ai Templari che, in viaggio verso Gerusalemme, trovavano qui un punto di ristoro e accoglienza: su una parete esterna, iscritta nella pietra, è visibile una croce a otto punte, simbolo dei Cavalieri del Tempio che sono protagonisti anche dell’emblema del Comune.

Lo stemma, infatti, riporta due cavalieri in assetto di guerra a ricordare, si dice, Boemondo D’Altavilla, principe d’Antiochia e primo normanno arrivato in zona, che per la vittoria in Terra Santa premiò i suoi due soli valorosi guerrieri castelmezzanesi. Da qui ci s’incammina per raggiungere i resti del Castrum Medianum, l’antico fortilizio di origine normanno-svevo deputato alla difesa, che ancora oggi conserva la cisterna per la raccolta delle acque piovane.

Due signore del posto passeggiano tra le strade del borgo. Foto di Lorenzo Palazzo

Lo sguardo è rapito dai balconi e dalle finestre con fiori colorati e piante, dai “supportici” (i tipici archi in pietra costruiti a sostegno delle abitazioni), dai volti incuriositi delle signore anziane sull’uscio di casa. Una volta nel punto più in alto si può godere di un panorama incantevole. Colpisce l’imponente gradinata normanna scavata nella roccia – 54 gradini verso il cielo, quasi a volerlo raggiungere (in estate è possibile salire in sicurezza, imbracati con un kit da ferrata e accompagnati da un operatore esperto) – che un tempo rappresentava il punto di vedetta della guarnigione militare per sorvegliare la sottostante valle del Basento. Sempre nella stagione calda, questo luogo diventa teatro di un racconto che prende vita: va infatti in scena La Grande Madre, uno spettacolo multimediale di luci, suoni, colori e effetti 3D che sulle rocce narra mille anni di storie e leggende (a ingresso gratuito).

Il murale all’ingresso del paese ricorda il passaggio dei templari. Foto di Lorenzo Palazzo

Avventure tra cielo e terra

Ma non si può restare a lungo fermi a guardare. Castelmezzano è un luogo che si vive con il corpo, con il cuore che accelera e con l’adrenalina che spinge a superare paure e limiti. Lo sa bene chi arriva fin qui per il Volo dell’Angelo, l’attrattore che dal 2007 ha fatto volare oltre 300mila persone fino al dirimpettaio paese di Pietrapertosa (la stagione prosegue fino al 9 novembre). Si sfiorano le nubi a 120 km orari, lungo un cavo d’acciaio, per sentirsi come uccelli, emulando il falco pellegrino o il nibbio reale che da queste parti sono di casa. C’è chi lo affronta da solo e chi si lancia in coppia, chi chiude gli occhi e chi li spalanca per catturare ogni dettaglio e insieme il verde intenso degli alberi (cerri centenari, tigli, lecci e ginestre).

Se il Volo dell’Angelo è il richiamo più forte, la novità assoluta è la Slittovia (inaugurazione il 25 aprile), una pista su rotaie che permette di sfrecciare lungo un percorso di 1.180 metri tra le montagne a bordo di un bob, tra curve vertiginose, rettilinei che tolgono il fiato e il vento in faccia che regala emozioni. La discesa, che si sviluppa per 750 metri, conduce dalle vette del Paschiere, a 1.051 metri di altitudine, fino al borgo, superando un dislivello di 170 metri. Il sistema di risalita (430 metri), è a cremagliera, con motore elettrico alimentato da energia rinnovabile, per un’attenzione alla sostenibilità ambientale.

Il Volo dell’Angelo sorvola l’intero borgo di Castelmezzano. Foto di Lorenzo Palazzo

Castelmezzano tra avventura e innovazione

«I nostri progetti esperienziali stanno sempre di più trasformando il nostro piccolo borgo montano in una destinazione ambita per chi ama l’avventura, senza però snaturarne l’anima. I più temerari possono provare anche la Via Ferrata, la più lunga del Sud Italia. Nell’insieme quasi 3,6 chilometri, fra canali, camminamenti e passaggi verticali», spiega il sindaco Nicola Valluzzi, tra i primi visionari a credere e scommettere sul territorio.

«Sull’App Vivi Castelmezzano, già prima di partire, si può fare un tour virtuale immersivo per scoprire cosa vedere una volta in zona e modellare la propria vacanza secondo gli interessi. E i progetti non sono ancora finiti. Stiamo lavorando alla realizzazione del Museo delle Emigrazioni Vincenti per raccontare la storia della famiglia Paterno che dal nostro paese emigrò a New York. Furono i primi costruttori di grattacieli che, tra il 1896 e la prima metà del 1900, cambiarono lo skyline della Grande Mela», aggiunge con un pizzico di orgoglio.

Una delle tappe lungo il sentiero delle 7 pietre, il percorso letterario di due km che collega Castelmezzano a Pietrapertosa. Foto di Lorenzo Palazzo

Il sentiero delle streghe e i profumi del bosco

Ma questa è terra anche delle masciare, donne dai poteri magici secondo la leggenda, come ricorda il libro Vito ballava con le streghe (Hacca), dello scrittore lucano Mimmo Sammartino: “Quelle donne, le ‘masciare’, si ungevano con l’olio fatato, raccolto dalla cavità di un albero di ulivo e custodito in una pignatta di terracotta, e poi attraversavano in volo la notte sulla groppa di cani bianchi”. Da queste suggestioni è nato ‘il percorso delle sette pietre’, un sentiero di due chilometri che invita a un passo lento, lungo il quale s’incontrano sette installazioni scultoree da cui fuoriescono musiche e racconti.

Strada facendo, ci si può fermare a leggere le parole incise sulla pietra e ascoltare i suoni che si mescolano a quelli della natura. Ciascuna delle tappe rappresenta un momento del racconto che evidenzia il destino, l’incanto, il sortilegio, il volo, il ballo, il delirio e appunto la magia delle streghe. Streghe che di certo apprezzerebbero la cucina del territorio fatta di ingredienti e sapori semplici. Come quella proposta dal ristorante Al Becco della Civetta, che porta nel nome uno dei profili di roccia che sovrastano il paese. Maria Antonietta Santoro ricerca e utilizza le misticanze, le erbe gradevolmente amarognole, della vicina foresta di Gallipoli Cognato.

Erbe curative e sapori genuini

La curiosità? Nei boschi lucani vi è un’erba in particolare, conosciuta come “ietone” (il nome scientifico è Atriplex Hortensis), che, oltre a essere curativa, pare sia in grado di rallentare il processo di invecchiamento: non è un caso che da queste parti ci siano stati diversi centenari. La chef porta in tavola fave fresche con la cicoria di campo, cavatelli fatti a mano con mollica di pane fritta e funghi, filetto di maiale al tartufo lucano. Per uno spuntino veloce o un aperitivo, Peperusko, in corso Vittorio Emanuele II, è la tappa perfetta con i suoi panini ai salumi e sottoli locali, i taglieri di formaggi e i golosi peperoni cruschi, che scrocchiano sotto i denti come un piccolo frammento di una terra generosa.

Peperoni cruschi. Foto di Lorenzo Palazzo

Quel che più incanta è la vista, quando il sole inizia a calare e le guglie delle Dolomiti Lucane si tingono di arancione-rosso. Tante, infine, le possibilità per un soggiorno di relax, tra le numerose strutture ricettive, bed and breakfast e agriturismi, oltre ai due soli hotel: lo storico La Locanda Di Castromediano, con camere con letti in ferro battuto e pezzi d’arte povera, e l’Hotel Dolomiti fresco di ristrutturazione con mobili di design che riportano agli anni Settanta, tendaggi e tessuti dai colori audaci e ambiente elegante. Al suo interno anche una spa panoramica (aperta anche a ospiti esterni) per provare diversi trattamenti agli oli essenziali o magari rilassarsi prima di ripartire. Prima che la strada riprenda il suo gioco di curve e il borgo torni a nascondersi.

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