Sono convinta che, almeno una volta l’anno, tutti noi abbiamo bisogno di prenderci una pausa in un posto lontano da casa per ricaricarci e guardare la nostra vita da una prospettiva diversa. Così, in una fredda giornata di gennaio, ho preso un volo per Milano da Parigi, dove vivo. Un viaggio in auto di un’ora verso est mi ha poi portato all’Albereta, una villa del XIX secolo nell’area lombarda della Franciacorta che ospita una spa all’avanguardia di 2mila metri quadrati. Una spruzzata di neve sfiorava i finestrini dell’auto.
Quando sono arrivata all’Albereta, l’aria era fresca e pulita. Mi hanno accompagnato in un lungo corridoio di pietra fino alla mia camera: spaziosa, elegante, tranquilla. Un balcone si apriva su un bosco di pini e cipressi, e sono rimasta ferma nell’aria della sera a inspirare il loro profumo. Ho tirato fuori dal bagaglio i libri, il diario, il necessario per lo yoga, il costume da bagno – non mi ero portata molto altro.
Rituale detox tra le colline della Franciacorta
Ero venuta all’Albereta per disintossicarmi e redigere una lista di propositi, cosa che cerco di fare ogni anno a gennaio. Alcuni obiettivi non li porto mai a termine (‘esercitarmi di più al pianoforte’ è nella lista ogni anno), ma molti li mantengo. Nel corso di una settimana allo Chenot Espace L’Albereta ho stilato la mia lista per l’anno nuovo, ho perso quasi due chili e ho incontrato alcuni medici straordinari che mi hanno aiutato a tracciare un piano annuale e a trovare il modo di gestire lo stress, i viaggi, il trauma del trasferimento oltre Atlantico del mio amatissimo figlio unico e un lavoro impegnativo a capo di una ONG in Ucraina.
Questa mia personale tradizione legata al benessere è iniziata oltre 20 anni fa, quando ho visitato per la prima volta la Clinica Mayr in Austria. A un certo punto, nel corso degli anni, ho smesso di disintossicarmi per dimagrire e ho iniziato ad andarci per eliminare la negatività, acquisire consapevolezza e adottare routine salutari. Trovandosi da soli in centri termali come Mayr e Chenot, non si può fare a meno di riflettere sul modo migliore di vivere la propria vita. A volte si viene assaliti dalla malinconia, quando si ha un po’ di fame e l’ora della cena è ancora lontana. Ma questo fa parte dell’esperienza. Per me è un momento di pulizia: via il vecchio, spazio al nuovo.
Un nuovo approccio alla cura di sé
La mattina dopo l’arrivo mi sono svegliata con una cameriera che ha bussato alla porta ed è entrata con un vassoio di frutta fresca e yogurt. Fuori si sentivano le campane della chiesa. Dopo la colazione, prima di iniziare i trattamenti ho fatto una passeggiata tra vigneti, boschi e colline fino a un villaggio con una chiesa in pietra. Non avevo le cuffie per ascoltare musica o i notiziari, come faccio di solito. Volevo sentire gli uccelli. Tornata alla Chenot Spa, era ora di iniziare il mio programma.
Un’équipe di 30 medici e terapisti elabora trattamenti individuali per ogni paziente sulla base di una serie di test, colloqui e valutazioni. Non volevo patire la fame, quindi avevo optato per una dieta Bio Light, che prevedeva piccole porzioni di cibo delizioso, con molte delle verdure coltivate nella tenuta. «Lo scopo è purificare e rigenerare, non solo perdere peso», mi ha spiegato il medico. «Succede anche questo, ma non è l’obiettivo».
Che cos’è esattamente il Metodo Chenot? È un approccio ideato dall’agopunturista e diagnosta francese Henri Chenot nel 1974, mentre lavorava all’ospedale di Cannes. La sua tecnica combina la scienza della nutrizione e la tecnologia medica con elementi delle pratiche tradizionali cinesi; molti trattamenti sono incentrati sul concetto dei meridiani energetici. Chenot è scomparso nel 2020; ora la società è gestita dalla moglie Dominique, che ha aperto cliniche in Marocco, Malesia, Azerbaigian, Grecia, Russia e Montenegro. Oltre alle visite mediche, uno dei trattamenti fondamentali è l’idroterapia: un bagno in acqua calda arricchita da fitoestratti, seguito da un impacco di argilla calda che viene applicato mentre si è stesi su un letto ad acqua galleggiante e infine un lungo getto d’acqua ad alta pressione. Può sembrare strano, ma il trattamento ha un effetto incredibilmente rilassante e spesso mi sono addormentata sul mio lettino.
Un viaggio tra corpo, energia e consapevolezza
Il mio trattamento preferito, tuttavia, è stato quello con Giuliana, una terapista alta e imponente che ha letto il mio ‘campo magnetico’ (sì, lo so, anch’io ho alzato gli occhi al cielo). A quanto pare Giuliana era la terapista preferita da tutti, perché era molto richiesta. Durante la prima seduta ha diagnosticato correttamente molti dei miei disturbi senza visitarmi o toccarmi. Ha individuato ad esempio la clavicola del lato destro, che mi ero rotta a 17 anni e non era mai stata rimessa a posto, causandomi dolori all’anca e al piede per anni. «È tutto collegato. Certo che è tutto collegato!», mi ha spiegato. Giuliana mi ha proprio conquistata.
Mi sono sottoposta a trattamenti altamente tecnologici dai nomi strani. Uno di questi era la ‘misurazione dei prodotti finali della glicazione avanzata’, che consiste, come mi ha spiegato il medico, nel misurare le tossine presenti nei tessuti. Un altro era la valutazione della rigidità arteriosa, che misura la flessibilità della funzione vascolare (che nel mio caso ha dato ottimi risultati). Un altro ancora era la una valutazione dello stress ossidativo, che misura i livelli di ossidazione biologica. Se si considera lo stress del mio lavoro e della mia vita, dai test sono risultata incredibilmente sana.
Le nuove frontiere del benessere
Chenot associa questi trattamenti all’avanguardia a un massaggio giornaliero ispirato ai principi della medicina tradizionale cinese. Ogni giorno la seduta si concentra su un organo diverso – fegato, reni, vasi sanguigni – e la terapista lavora con ventose di vetro, oltre che con le mani, per manipolare i meridiani. Voglio essere sincera: è doloroso, soprattutto quando ci sono dei blocchi. Ma poi ci si abitua. Dopo sei giorni un autista mi ha riportato a Milano.
Lungo la strada gli alberi sembravano più verdi, il cielo più azzurro, il mio umore più positivo. Non erano i quasi due chili che avevo perso, anche se dimagrire è sempre piacevole, soprattutto dopo le feste. Era il piano per l’anno a venire, la consapevolezza di dove si trovava il mio corpo in termini di salute e dove poteva arrivare. Una donna in sala d’attesa mi ha detto che Chenot le ha fornito il carburante per muoversi più velocemente, per rendere il corpo una macchina più efficace e più bella. Una macchina bellissima. Una definizione che mi è piaciuta molto