All’eta di mio figlio – 13 anni – non mi sarebbe mai venuto in mente di associare musica e viaggi. Ero una violinista riluttante e avrei smesso all’istante se mia madre me lo avesse permesso. Quando sollevavo l’argomento, lei citava il maestro di violino Shinichi Suzuki: «La musica esiste al fine di sviluppare un cuore ammirevole». E il discorso si chiudeva lì. I viaggi più lunghi che facevamo per amore della musica erano quelli verso una città vicina per un workshop o una città più grande per un concerto. I miei figli hanno ereditato il gene della musica da mia madre, che è morta prima che nascessero. A quattro anni mio figlio maggiore ha chiesto di prendere lezioni di pianoforte e ho accettato quando ne aveva cinque. Da allora è un pianista appassionato, innamorato di Beethoven, Chopin, Debussy e di chiunque altro si trovi a suonare. Sua sorella, che si addormentava tra le mie braccia mentre lui si esercitava, ha iniziato a suonare non appena è riuscita a raggiungere i tasti. Ora si contendono il tempo per esercitarsi al pianoforte del nostro salotto.

Durante una lezione la scorsa primavera, l’insegnante di mio figlio lo ha invitato a studiare presso un’accademia musicale internazionale a Cremona in cui lei stessa fa parte del corpo docente. «Spesso le famiglie accompagnano gli studenti», ha aggiunto. Mio figlio mi ha guardato eccitato e incredulo. In Italia! Possiamo andarci? Io e mio marito ci eravamo fidanzati a Firenze 24 anni prima e da anni parlavamo di un viaggio in famiglia in Italia. Ecco il nostro pretesto. I nostri figli avevano l’età perfetta per questa esperienza: tredici e nove anni, abbastanza grandi da apprezzare la musica, l’architettura e la cucina, ma ancora abbastanza giovani da non passare tutto il tempo al cellulare. E sapevo quanto avrebbe significato per entrambi scoprire e vivere la cultura musicale di Cremona. Ho risentito mia madre mentre citava Shinichi Suzuki. Mi sono ritrovata a dire di sì.
Cremona, la capitale mondiale della liuteria
Cremona da secoli è la capitale mondiale della liuteria. Centocinquanta liutai vi esercitano ancora il loro mestiere, nel solco della tradizione delle famiglie Amati, Guarneri e Stradivari. Chiunque sia in grado di superare un esame di lingua italiana può iscriversi alla Scuola Internazionale di Liuteria di Cremona, finanziata con fondi pubblici. E la zona è anche ricca di occasioni per belle scoperte gastronomiche, dai salumi e formaggi ai vini delle regioni limitrofe. Matteo Della Grazia, esperto organizzatore di viaggi di Fuoritinerario-Discover Your Italy, ha ideato per noi il programma di un tour a tema musicale che si conciliasse con le lezioni di nostro figlio, provvedendo anche a fornirci guide esperte e prenotandoci gli alberghi. Noi abbiamo solo dovuto fare le valigie – e, nel caso di mio figlio, esercitarsi, esercitarsi, esercitarsi. A metà luglio ci siamo imbarcati su un aereo da New York, i bagagli pieni di spartiti e abiti da concerto. Otto ore più tardi, dopo una notte insonne, abbiamo ritirato l’auto all’aeroporto di Milano Malpensa e abbiamo imboccato l’autostrada nella luce del mattino, imparando rapidamente la lezione sul ritmo decisamente veloce con cui si viaggia in auto da queste parti.
Il fascino della natura nel Parco Regionale Oglio Sud
Chilometri di verdi terreni coltivati ci scorrevano accanto, con città medievali dai tetti in terracotta a ricordarci che eravamo in l’Italia, non nel Midwest americano. I nostri figli, in preda all’eccitazione, parlavano in continuazione finché non sono crollati, addormentandosi con la bocca aperta. Due ore dopo siamo usciti dall’autostrada e ci siamo addentrati in un paesaggio rigoglioso di frutteti e aziende agricole biologiche per raggiungere l’agriturismo dove avremmo alloggiato per smaltire il jet lag. La strada è diventata sempre più stretta, finché ci siamo ritrovati su una pista sterrata in mezzo ad alte piante di mais. Corte Airone, una tenuta di campagna di origine medievale, è oggi un hotel la cui fattoria segue ancora tecniche agricole secolari. Un cartello fatto a mano pubblicizzava il mercato dei contadini settimanale; il personale di cucina portava casse di verdure fresche nel ristorante. Mentre mio marito e io eravamo impegnati a disfare i bagagli, i bambini, in ginocchio sul prato, giocavano con il coniglietto bianco e nero dell’hotel. Poi è arrivato il momento di fare una nuotata nell’ampia piscina, immersa in un giardino ombreggiato da abeti piangenti, palme e ficus. A un certo punto, su un ramo proteso sopra l’acqua, un tordo si è esibito in una performance improvvisata.
Quella sera lo chef Alessandro Delvalle ha preparato una saporita insalata di ceci con verdure estive, risotto di barbabietole guarnito con basilico, e mozzarella di bufala della vicina azienda agricola Oasi del Mincio accompagnata da spesse fette di pomodoro. Mio marito e io abbiamo brindato al viaggio con il rosé frizzante Trentodoc di Pedrotti. Per dessert ci hanno servito due sorbetti, al lampone e al limone, che racchiudevano tutto il sapore di luglio. La mattina seguente è iniziata la nostra avventura musicale a Cremona. Nostro figlio ha incontrato la sua insegnante all’Istituto Claudio Monteverdi, mentre noi tre abbiamo passeggiato fino alla Piazza del Comune, dominata dalla cattedrale romanica costruita tra il XII e il XIV secolo.
Il museo dell’orolegeria e il laboratorio Borchardt
Siamo saliti sul Torrazzo, il campanile alto 112 metri, per un’esperienza che vale decisamente il prezzo del biglietto: la torre ospita un affascinante museo dell’orologeria in cui sono esposti manufatti risalenti a sei secoli fa, e dalla cima si gode di un’ampia vista panoramica sulla Pianura Padana. L’orologio astronomico del Torrazzo è il più grande del mondo; mentre salivamo, il suo ticchettio faceva pensare a un gigantesco metronomo.

Poi siamo scesi di nuovo nella piazza: era giorno di mercato (mercoledì), e ogni angolo dell’acciottolato era occupato da bancarelle che vendevano un po’ di tutto, dal miele in favi alla melata, dalle scarpe all’incenso al legno di sandalo. In mezzo al rumore, un altro suono ha attirato la nostra attenzione: il timbro sonoro e dal tono ambrato di un violino cremonese. Lo abbiamo seguito fino a una finestra aperta sulla piazza, dove abbiamo trovato il laboratorio di liuteria dei coniugi Gaspar Borchardt e Sibylle Fehr-Borchardt.
L’arte liutaia
Gaspar, capelli biondo scuro, abbronzato e scalzo, con addosso una camicia di lino bianca, ci ha accolto sulla porta come se ci stesse aspettando. Gli ho spiegato che nostro figlio era uno studente dell’accademia e che io avevo suonato il violino per molti anni. Gaspar ci ha fatto entrare nel negozio e, con la passione di un maestro artigiano, ha iniziato a parlare dell’arte della liuteria. Il luogo in cui lui e Sibylle realizzano i loro strumenti, ci ha spiegato, era una volta l’Albergo Imperiale della Colombina, dove nel 1770 soggiornò Mozart. «Scrisse a casa per dire che il teatro era freddo e il pianoforte non era accordato», ci ha raccontato Gaspar ridendo. Il violino come lo conosciamo oggi – uno strumento con quattro corde e fessure a forma di effe – fu sviluppato a Cremona nel XVI secolo da Andrea Amati, un liutaio di presunte origini ebraiche (secondo gli studiosi, lo strumento potrebbe essere stato portato in Italia da ebrei sefarditi in fuga dall’Inquisizione). I violini, ci ha spiegato Gaspar, sono costruiti prevalentemente con due tipi di legno: la parte anteriore in abete rosso, le cui fibre verticali trasmettono rapidamente il suono; la parte posteriore in acero montano, spesso e compatto, per dare allo strumento potenza e stabilità.

Un diagramma contenuto in un vecchio manuale tecnico dimostra che le curve del violino si basano sulle sequenze di Fibonacci presenti ovunque in natura. «E la stessa geometria si può notare proprio lì», ha aggiunto Gaspar indicando, oltre la vetrina del suo negozio, le due decorazioni a volute che coronano la facciata del duomo e che hanno esattamente la stessa forma delle fessure del violino. Su banchi da lavoro identici ai lati del negozio erano appoggiati violini in varie fasi di lavorazione. Gaspar preferisce gli strumenti più lunghi e più chiari realizzati sul modello dello Stradivari, Sibylle quelli più arrotondati e dalle tonalità più intense di Guarneri. Molti utensili dei Borchardt – scalpelli, pinze, morsetti, raschietti – sono di fattura artigianale per adattarsi al loro modo di lavorare. Marito e moglie creano le mentoniere degli strumenti con il legno raccolto nei loro terreni nelle Cinque Terre e utilizzano colla ricavata dalla pelle dei pesci o dal tessuto connettivo dei bovini.
La vernice proviene dalla linfa dei loro pini, mescolata con olio di lino e invecchiata per sei mesi in bottiglie di vetro. Il loro negozio sembra sospeso nel tempo; pare quasi di vedere Mozart correre giù per le scale, con le falde della camicia svolazzanti, in ritardo per il suo concerto. Prima che ce ne andassimo, Gaspar mi ha chiesto se volevo provare un violino. Non avrei mai osato toccare uno di quei meravigliosi strumenti, che valgono decine di migliaia di dollari, ma lui ha insistito e alla fine la curiosità ha avuto la meglio. Dopo aver sistemato una mentoniera su un violino, ho avvicinato l’archetto alle corde e ho provato le prime battute di una giga di Veracini. Nonostante le mie dita fossero arrugginite per mancanza di esercizio, il timbro dello strumento era abbastanza potente da riempire una sala da concerto. Mentre suonavo, Gaspar ha preso un violino finito a metà e si è messo a lavorare.
Bardolino, tra passeggiate sul lungolago e degustazioni in cantina
La mattina dopo, mentre mio figlio si esercitava con il suo compagno di duo pianistico, mia figlia e io siamo andate in macchina a Bardolino, cittadina veneta immersa nei vigneti sulla sponda orientale del Lago di Garda. Della Grazia aveva organizzato per noi una degustazione alla Cantina Zeni, un’azienda a gestione familiare la cui storia risale al 1870. La nostra guida, Silvia Giordano, ci ha trasmesso la sua approfondita conoscenza della famiglia Zeni e del processo di vinificazione, spiegandoci che sui terreni ricchi di minerali della regione crescono quattro importanti vitigni autoctoni (Molinara, Rondinella, Corvina e Corvinone), che coltivare le viti in una specie di pergola protegge le uve dal sole, e che le botti di rovere francese utilizzate per l’invecchiamento conferiscono al vino note tostate e di cacao. Siamo scesi nell’antica grotta di proprietà della famiglia dove, in una sala a volte tra centinaia di botti di rovere, abbiamo trovato una tavola apparecchiata con una tovaglia bianca e imbandita con salumi, formaggi, frutta secca, olive, cioccolatini e sbrisolona alle mandorle, per accompagnare una degustazione di sei interessanti vini. Mia figlia, che beveva succo d’uva, continuava a ripetere estasiata che quello era il miglior pranzo della sua vita.
Dopo la degustazione abbiamo passeggiato sul lungolago di Bardolino verso un’alta ruota panoramica bianca affacciata sul lago. Mentre mia figlia saltellava sulle assi della passerella, il vestito turchese che le fluttuava intorno alle gambe, ho capito che si era già innamorata dell’Italia e dei viaggi. Quella sera a Cremona, mio figlio e io abbiamo assistito a un concerto al Museo del Violino, che custodisce violini e violoncelli Stradivari, Amati e Guarneri risalenti al XVI secolo, oltre a capolavori recenti dei migliori liutai del mondo. La sala da concerto, costruita in legno curvato color ambra, assomiglia all’interno di un gigantesco violoncello. Quella sera i musicisti del Festival di Casalmaggiore hanno suonato strumenti appartenenti alla collezione del museo. Mio figlio ha seguito la prima metà del concerto seduto sul bordo della poltrona, battendo il ritmo sul ginocchio. Quando all’intervallo gli ho chiesto se era stanco e voleva andare via, mi ha detto ridendo: «Ma lo sai anche tu che tutti e due vogliamo restare!». Finito il concerto, abbiamo seguito un gruppo di studenti dell’accademia in una gelateria, Gioelia Cremeria, con cassette di legno piene di pesche e meloni magnifici appoggiate sul bancone. Io ho ordinato un cono alla pesca, mio figlio uno alla nocciola. Volevamo una cialda? Ci ha chiesto il commesso. Volevamo la panna montata? Abbiamo detto di sì a tutto.
Alla scoperta di Sirmione
Il gruppo di musica da camera di mio figlio si è riunito per la prima volta la mattina seguente in una stanza afosa al quarto piano della Camera di Commercio di Cremona. Sotto la guida di un paziente maestro, mio figlio si è unito ai suoi compagni – un violinista di 14 anni e un violoncellista di 11 – per esercitarsi in un trio di Beethoven. I ragazzi suonavano a più riprese, fermandosi e ricominciando, tra esitazioni, errori, risate e momenti di impasse, mentre il loro insegnante contava le battute. Poi, mentre mio marito portava nostro figlio in una sala prove per studiare la sua parte, io e mia figlia abbiamo viaggiato per un’ora verso est fino alla penisola di Sirmione, ciò che resta di una montagna che migliaia di anni fa divideva l’estremità meridionale del Lago di Garda in un lobo orientale e uno occidentale.

Oggi la penisola ospita un castello medievale, oltre a innumerevoli gelaterie, due ristoranti stellati Michelin e la villa di stucco giallo dove Maria Callas trascorreva le vacanze quando era sposata con l’industriale Giovanni Meneghini. In compagnia della nostra competente guida poliglotta, Claudio Passarini, abbiamo esplorato il Castello Scaligero del XIV secolo, curiosato in una cartoleria per acquistare carta di fattura artigianale e visitato il Caffè Grande Italia, dove la Callas era solita prendere il caffè al mattino. Ma la cosa che ci è piaciuta di più di Sirmione è stata la sua spiaggia di ciottoli grigi, la Spiaggia delle Muse, dove, all’ombra del castello, ci siamo tuffate nella limpida acqua azzurra, con i cigni che nuotavano sullo sfondo.
Quando siamo tornati a Cremona quella sera, la vita notturna era in pieno svolgimento. I tavoli all’aperto di bar e ristoranti erano pieni di gente e ovunque si sentiva musica: le band dei caffè suonavano blues americano, un DJ sparava musica techno nel parco cittadino e, alla fine della nostra strada, un’associazione di studenti latino-americani teneva un ballo nel cortile acciottolato di una scuola media, con un centinaio di coppie che ballavano la salsa sotto una palla da discoteca. Cremona ama la buona musica, e non solo quella classica; i suoi gusti musicali sono ampi, mutevoli e vivaci.
Hotel Indigo Verona-Grand Hotel Des Arts, pernotto in stile art déco
Quella stessa settimana abbiamo ripreso la macchina per andare a Verona ad assistere al Rigoletto di Verdi all’Arena, uno dei 12 spettacoli nel cartellone del festival lirico, una rassegna che si tenne per la prima volta 111 anni fa. Abbiamo fatto il check-in all’Hotel Indigo Verona-Grand Hotel Des Arts, che occupa un palazzo art déco recentemente ristrutturato in Corso Porta Nuova. Dietro il banco della reception, paraventi con stampe di alberi verde scuro sembravano introdurre a una foresta fantastica. In camera ci attendevano biscotti, frutti di bosco, torte e tè, in un’atmosfera di sontuoso relax mentre ci preparavamo per la serata. Passarini ci aveva suggerito di cenare alla famosa Antica Bottega del Vino, nascosta in un vicolo del centro medievale. In un ambiente dalla luce ambrata, il sommelier Davide Lucido ci ha presentato una carta dei vini rilegata in pelle grande come un atlante, con una cantina di circa 18mila bottiglie. Abbiamo accettato con gratitudine il suo consiglio: un Soave Classico Gini del 2016, dal colore paglierino, toni minerali e sentori di pesca e albicocca. Mentre i bambini divoravano i loro piatti di calamarata con stracciatella, noi adulti abbiamo gustato un grosso branzino al sale.
L’Arena di Verona: il paradiso della musica
Sarebbe stato impossibile staccarci da quel tavolo senza la prospettiva di un piacere ancora più grande: un tour nel backstage e poi l’opera stessa. Con una breve passeggiata abbiamo raggiunto Piazza Bra, dove l’Arena – coi suoi due ordini di archi romani perfettamente conservati – si stagliava nel cielo della sera come la corona di un gigante. All’ingresso degli artisti abbiamo incontrato Cecilia Bosaro, dell’ufficio stampa del festival. Capelli lisci, un elegante abito di seta blu e orecchini pendenti rossi a forma di fiore, Bosaro ci ha raccontato di essersi esibita da bambina al Festival di Verona nel 1995, quando Franco Zeffirelli mise in scena la sua leggendaria produzione della Carmen, e ci ha condotto in un labirinto di pietra dove l’aria vibrava di energia nell’anticipazione dell’evento. Poco lontano l’orchestra si stava riscaldando, mentre comparse in costumi e trucco di scena degli anni Cinquanta camminavano a passo veloce lungo corridoi curvi. Il nostro percorso ci ha portato davanti a un imponente corridoio con i pannelli delle scenografie appoggiati al muro; più avanti c’era il reparto costumi, con crinoline che oscillavano dal soffitto come giganteschi lampadari. Dall’altra parte del corridoio c’era il laboratorio dei calzolai, tappezzato di scatole di scarpe dal pavimento al soffitto.
Andrea Rizzi, mastro calzolaio con la barba turchese, ci ha mostrato un paio di décolleté in camoscio turchese create per la celebre soprano Alida Ferrarini, con il suo nome impresso all’interno. Mentre Bosaro ci guidava verso l’ingresso dell’Arena, abbiamo incontrato un signore dai capelli scuri, vestito di nero, che teneva in mano una bacchetta da direttore d’orchestra. «Il maestro!», ha detto Bosaro, che gli ha presentato mio figlio spiegando che era un pianista dell’Accademia di Cremona. «Ah, magnifico!» ha commentato il maestro, che poi ha chiesto a mio figlio se fosse emozionato all’idea di vedere l’opera. Mio figlio ha sorriso e annuito senza riuscire ad aprire bocca: si trovava nel cuore del paradiso della musica e il famoso direttore d’orchestra Marco Armiliato stava parlando con lui come con un collega musicista. Poi è arrivato il momento: lo spettacolo stava per iniziare. Abbiamo seguito Bosaro attraverso un arco e siamo usciti nella luce naturale dell’arena. I nostri posti, sul gradino di pietra più basso a sinistra del palco, offrivano una visuale perfetta della scenografia e del vasto teatro a cielo aperto che si sviluppava intorno a noi, con i livelli più alti illuminati da una luce dorata. Pochi istanti dopo, il pubblico ha accolto l’arrivo di Armiliato con applausi e acclamazioni. Avvicinatosi al podio, il direttore ha alzato le braccia, mentre l’orchestra intonava le note del preludio di Verdi.
Sul palcoscenico era ricreata una versione immaginaria di Mantova, con edifici iperrealistici dipinti nei colori solari dell’Italia degli anni Cinquanta. Sul palco si susseguivano ondate di artisti. I nostri figli si sporgevano in avanti, rapiti. I sopratitoli in inglese offrivano una guida, ma non ne avremmo avuto bisogno. Il Duca di Mantova di Juan Diego Flórez era chiaramente malvagio, la Gilda di Nina Minasyan giovane, limpida ed espressiva, e il Rigoletto di Luca Salsi lacerato e tragico. Durante i cambi di scena, guardavamo le ambientazioni dell’opera evolversi in un miracoloso origami di legno, tessuto e carta. Sopra di noi si addensavano le nuvole, mentre si alzava una brezza che faceva volare gli abiti leggeri e colorati del pubblico e degli interpreti. Mentre l’assassino Sparafucile cantava “la tempesta è vicina! Più scura fia la notte”, la brezza è diventata vento e, come a comando, ha iniziato a piovere. I cantanti si sono zittiti. I musicisti hanno afferrato gli strumenti e sono corsi al riparo.
Un annunciatore ci ha chiesto di avere pazienza: lo spettacolo sarebbe ripreso quando la pioggia fosse cessata. «Pensavo fosse un effetto speciale!», ha detto mia figlia. «Come hanno fatto a sincronizzarlo così perfettamente?». Dopo una fase in crescendo, la pioggia ha raggiunto l’apice e poi è cessata; i musicisti sono tornati ai loro posti. Abbiamo assistito alle scene finali, con le ultime, angosciose parole di Rigoletto – “Ah! la maledizione!” – che si disperdevano nella notte. Ci siamo alzati ad applaudire, mentre centinaia di artisti si radunavano sul palco e si inchinavano. Nessuno voleva smettere di battere le mani; l’omaggio del pubblico sembrava un ultimo atto operistico. Quando l’incantesimo si è finalmente dissolto, la nostra famiglia è uscita dall’Arena come trasognata.
Sarebbe stato difficile superare un’esperienza del genere, o anche solo immaginare qualcosa che potesse avvicinarcisi. Ma meno di una settimana più tardi, dopo lunghe giornate di lezioni e di prove, eravamo seduti sulle poltrone di velluto rosso del Teatro Filo per assistere al concerto finale di nostro figlio. Sapevamo che i giovani interpreti avevano lavorato con grande impegno per settimane, ma nessuno di noi poteva credere a ciò che stavamo ascoltando. L’attenta capacità di ascolto, il senso del tempo e la padronanza artistica che prima sfuggivano al gruppo di nostro figlio si sono manifestati con forza durante l’esecuzione del trio di Beethoven. Poi è stata la volta della complessa suite di Ibert, eseguita dai due pianisti con umorismo, finezza e un’abile padronanza delle dinamiche giocose del compositore.
Una crociera in battello a Sirmione
Mio figlio era arrivato in Italia come un ragazzino amante della musica; ora, qualche settimana dopo, era un musicista che trasmetteva la sua passione a tutti noi. L’ultimo giorno siamo tornati a Sirmione nel pomeriggio per fare una crociera al tramonto. Il battello, con il capitano Fabian Senfter, ha navigato intorno alla penisola mentre il sole diffondeva sul lago una luce rosata. Il capitano ci ha indicato le famose terme, poi le rocce piatte e levigate di Jamaica Beach e i resti delle Grotte di Catullo, la villa romana le cui pietre furono rubate dagli Scaligeri per costruire il loro castello. Mentre facevamo il giro intorno al lato orientale della penisola, mio marito e io riflettevamo in silenzio sui 24 anni trascorsi dal nostro fidanzamento. Quanto eravamo cambiati da quel giorno; e ora, davanti a noi c’erano i nostri figli, appoggiati al parapetto della barca, con il vento tra i capelli. Poco dopo mio figlio si è seduto accanto a me, perso nei suoi pensieri.
«A cosa pensi?» Gli ho chiesto. Un attimo di silenzio. «Solo che è incredibile quello che stiamo facendo», mi ha risposto, indicando il lago, le colline, il cielo. «Essere qui in barca su un lago in Italia, al tramonto. Grazie alla musica». Sono rimasta in silenzio, ascoltando il rumore della barca sulle onde, desiderando che mia madre potesse sentirlo ora – e che avesse potuto ascoltare mio figlio suonare. La musica esiste al fine di sviluppare un cuore ammirevole, gli ho detto. E lo stesso vale per i viaggi.
Dove dormire
Corte Airone Hotel & Ristorante
A Castelfranco d’Oglio, a 35 minuti di auto da Cremona, si trova questo agriturismo baciato dal sole, che occupa una villa ristrutturata di recente. La piscina dell’hotel è un’oasi di lusso discreto; il ristorante propone piatti preparati a regola d’arte con ingredienti locali.
Hotel Indigo Verona, Grand Hotel Des Arts
Situato a breve distanza a piedi dall’Arena, questo hotel arredato con cura è un luogo tranquillo in una strada animata. I dettagli massimalisti inseriti in una cornice minimalista creano un’atmosfera di lusso raffinato.
Dove mangiare e bere
Antica Bottega del Vino
Se durante il viaggio avete interrotto la vostra routine di esercizio fisico, potete rimediare sollevando la lista enciclopedica dei vini di questo ristorante a due passi da via Giuseppe Mazzini, la principale strada dello shopping di Verona. Scegliete da soli o fatevi consigliare dagli esperti sommelier.
Caffè Grande Italia
Questo locale in piazza Giosué Carducci a Sirmione vanta una tradizione centenaria e gode oggi della stessa popolarità che aveva nei ruggenti anni Venti.
Gioelia Cremeria
Una gelateria al profumo di vaniglia vicino ai giardini pubblici di Cremona, dove eccellenti prodotti freschi vengono trasformati in gelati impeccabili. A volte ci sono lunghe file, ma ne vale la pena.
Osteria La Sosta
Questo semplice ristorante di Cremona serve tradizionali piatti di pasta, specialità di pesce dal sapore delicato, carni affumicate cotte a fuoco lento e squisiti formaggi e salumi.
Pasticceria Duomo dal 1883
Storica pasticceria cremonese che propone un’infinità di torte e paste, oltre alla tipica, friabile sbrisolona. Ideale per concedersi una pausa deliziosa durante il viaggio.
Cosa fare
Arena Opera Festival
La celebre Arena di Verona, l’anfiteatro romano situato nel cuore della città, in estate mette in scena un ricco cartellone di opere liriche. Gli appassionati possono vivere altre emozioni visitando la piazza di giorno per vedere le gigantesche scenografie in attesa di essere sollevate da una gru sopra le mura dell’anfiteatro e calate sul palcoscenico. Si possono organizzare tour privati del backstage.
Bertoldi Boats
Concedetevi una crociera privata al tramonto sul Lago di Garda in una barca pilotata da una delle esperte guide della flotta.
Museo del Violino
Centinaia di splendidi esemplari ripercorrono la storia della liuteria cremonese, dai violini Amati, Guarneri e Stradivari del XVI secolo a quelli che hanno vinto recenti concorsi internazionali.
Museo Verticale del Torrazzo
All’interno dell’alto campanile di Cremona è allestito un museo dell’orologeria che espone molti esemplari magnifici: antichi orologi solari e meccanici, un modello medievale a ruota idraulica e una presentazione del funzionamento interno del gigantesco orologio astronomico inserito nella torre stessa.
Cantina Zeni
Questa cantina a conduzione familiare situata a Bardolino fa risalire la sua storia al 1870. Assaggiate diverse annate al banco di degustazione, poi scoprite la cultura vinicola veneta nel museo adiacente.
Shopping
Buon Palato
Un negozio magnifico a Cremona che trabocca di formaggi artigianali, salumi, sottaceti, olive, frutta essiccata, vino, dolci e altre delizie: tutto ciò che serve per un picnic o uno spuntino.
Cartoleria Benzoni
Potete anche limitarvi a guardare la splendida vetrina di questo negozio di Sirmione e ammirare le penne stilografiche, la carta di fattura artigianale, gli articoli di cancelleria e i quaderni rilegati in pelle, ma sarebbe insensato non entrare a curiosare.
Gaspar Borchardt & Sibylle Fehr-Borchardt Liutaio Strumenti Musicali
Se cercate uno strumento pregiato da concerto, o volete semplicemente vedere come viene creato, visitate il laboratorio di Gaspar Borchardt e Sibylle Fehr-Borchardt, maestri liutai a Cremona. La coppia realizza a mano violini, viole e violoncelli di altissimo livello, secondo la tradizione di Antonio Stradivari e Giuseppe Guarneri del Gesù.
Consorzio Liutai “A. Stradivari” Cremona
Per provare violini e archetti di diversi produttori, visitate lo showroom di questa cooperativa di 60 artigiani.
Oficina Lovers
Una bella collezione di abbigliamento selezionato con cura a Cremona: abiti a vestaglia smanicati degli anni 70, capi denim vintage e creazioni nuove di stilisti locali.– J.O.