Vista dal cielo, Mauritius sembrava uno smeraldo nell’oceano. Una pietra preziosa verde lucente che emergeva dal mare, sfiorata solo dalla spuma delle onde, tra ipnotiche lagune turchesi. Planando, l’aereo permetteva di cogliere sfaccettature e geometrie altrimenti impercettibili: a sud-ovest le montagne più alte digradavano fino all’altopiano centrale per poi risollevarsi come un’increspatura d’acqua a formare la catena a nord, sopra la capitale Port Louis. Laghetti di origine vulcanica e crateri ormai spenti punteggiavano la regione centrale, mentre una stretta lingua di sabbia bianca indorata dal sole disegnava il perimetro dell’isola, incorniciandone la bellezza nel blu del mare. A destinazione mi aspettavano spiagge e barriere coralline, radure di mangrovie e palme da cocco, cascate immerse nella giungla e dune multicolore tra la vegetazione scura. E, lungo la costa, grandi e scintillanti resort da favola mimetizzati nel paesaggio, quasi invisibili anche agli occhi degli dèi.

Tropico del benessere, per mente e corpo
Sono atterrata sull’isola lo scorso 28 maggio. Il tempo era bizzarro, pioveva con il sole. Durante il tragitto verso l’albergo, osservavo il panorama scorrere veloce dal finestrino dell’auto, in un susseguirsi di campi di piantagioni di canna da zucchero, intervallate da fitte macchie di bosco. Dopo un’ora e mezza di strada, seguendo una linea retta attraverso il verde, potevo scorgere finalmente l’ingresso dell’hotel. La lobby del Constance Prince Maurice era avvolta da un profumo irresistibile.
«È l’aroma del frangipane, un fiore esotico che richiama la dolcezza della vaniglia» mi spiegava Tracie, la mia referente, mentre mi faceva strada tra colonne di pietra e fontane maestose. Ho fatto il check-in a bordo piscina, a un passo dal mare, sorseggiando tè alla cannella in una tazza dorata a forma di ananas, mentre Tracie mi illustrava il programma delle attività del resort, l’elenco dei ristoranti e il listino dei trattamenti disponibili alla Constance Spa. In quanto ospite, potevo usufruire dei campi da tennis della struttura, partecipare a lezioni di acquagym e yoga, oppure lasciarmi trasportare dall’adrenalina di attività come sci d’acqua e kayak.
Come extra, erano inoltre disponibili escursioni in barca, crociere a bordo di eleganti catamarani e avventure di pesca nella laguna. Per cena avevo deciso di provare il buffet di pesce mentre, l’indomani, avrei riservato un tavolo all’Asian Restaurant, il luogo ideale per assaporare raffinate composizioni di sushi e specialità cinesi come i dim sum o gli involtini primavera. L’albergo, parte della prestigiosa collezione The Leading Hotels of The World, vanta inoltre un ristorante galleggiante chiamato Le Barachois, situato lungo un suggestivo pontile illuminato da lanterne. Annotavo sul cellulare le raccomandazioni di Tracie, entusiasta di scoprire ogni angolo del resort e le bellezze dell’isola. Nonostante l’eccitazione, sentivo ancora la schiena indolenzita dal lungo viaggio e le spalle pesanti. Desideravo intensamente stendermi su un lettino e abbandonarmi a un massaggio, a base di qualche olio tropicale. Così ho prenotato un trattamento in cabina, ancora prima di vedere la mia stanza. Tracie non si è mostrata sorpresa, ben consapevole che chi visita Mauritius cerca soprattutto un’occasione di disconnessione dal mondo: l’isola è ideale per rigenerare mente, anima e corpo tra escursioni nella natura e giornate spese all’insegna del riposo e della tranquillità.
La Constance Spa, un’oasi di benessere psicofisico, mi attendeva in un giardino segreto con imperdibili coccole esotiche firmate Sisley. Ho scelto il rituale più esclusivo, La Route des Épices, ispirato ai preziosi ingredienti del territorio e alle antiche tradizioni locali. Abbiamo iniziato con uno scrub per i piedi a base di sale marino e foglie di curry, una combinazione dalle proprietà antibatteriche per purificare la pelle e favorire la circolazione. A seguire, un gommage corpo formulato con sale marino, riso, cannella e zenzero. Il risultato? Una pelle liscia e profondamente idratata. Il rituale si è concluso con un massaggio rilassante, eseguito con un olio aromatico che favorisce la distensione muscolare e una sensazione di rinvigorimento. Da bruco mi sentivo trasformata in farfalla.

Viaggio nella natura selvaggia, tra kayak e safari
La flora e la fauna che circondano il Constance Prince Maurice sono uniche a Mauritius, grazie all’eccezionale biodiversità tropicale. A colpirmi, in particolare, è stata la vasta foresta di mangrovie autoctone che costeggia la laguna, all’estremità occidentale della spiaggia. Avevo già visto queste piante lo scorso anno, al largo di un villaggio Maya sulla costa caraibica dello Yucatán, in Messico. Si tratta di formazioni vegetali sempreverdi resistenti al sale, capaci di sopravvivere anche in condizioni costiere estreme, tipiche dei climi tropicali. Tra gli aspetti più sorprendenti, queste frange di arbusti immagazzinano ogni anno fino a 200 milioni di tonnellate di carbonio. Dopo aver ritirato il giubbotto di salvataggio presso la boat house del resort, ho trascinato la barca giù per la spiaggia e mi sono lanciata in mare, remando verso la foresta.
È stato incantevole ammirare le mangrovie da vicino, cercando di imprimere nella memoria le loro oscillazioni e i colori. Con la mano, increspavo la superficie dell’acqua guardando i pesci nuotare poco più sotto. Il prossimo obiettivo Sopravvivere al safari in eco rider – una specie di quad elettrico – che mi aspettava dall’altra parte della costa, al Casela World of Adventures, una riserva naturale dove è possibile vivere esperienze adrenaliniche a stretto contatto con gli animali. Leoni, ghepardi, iene e rinoceronti erano solo alcune delle specie africane che avrei potuto incontrare. Com’è andata? Bene con le giraffe, e ho persino accarezzato le testuggini giganti. Dai felini e dagli struzzi sono fuggita premendo forte sull’acceleratore. Il giorno seguente, il programma del viaggio prevedeva una gita più tranquilla alla cascata di Chamarel, vicino all’omonimo villaggio nella parte sud-occidentale dell’isola.

Un girotondo di colori
Raggiungere Chamarel è stata un’esperienza unica. Ho percorso una strada panoramica che si snodava tra salite e discese nella vallata, immersa in una vegetazione lussureggiante. La cascata si esibiva con un salto vertiginoso di circa cento metri, precipitando come fosse un potente fascio di luce che erompeva dall’alto della nuda roccia e si riversava nel fiume Saint-Denis in un vortice bianco di schiuma. Una visione da cartolina esaltata dalla luce. Poco distante, nascosto nella foresta, ho scoperto uno degli scorci paesaggistici più affascinanti di Mauritius: le “Terre dei sette colori”. Un’iride di dune sabbiose le cui tonalità sfumavano dal marrone al rosso, dal viola al porpora, dal blu al verde, fino ai caldi toni del giallo.
«La colorazione a strisce del terreno è dovuta a un fenomeno geologico di raffreddamento delle rocce laviche, fuse a diverse temperature, che ha portato vari elementi chimici a mescolarsi nella sabbia», raccontava la guida. Davanti a quella gamma cromatica di collinette arenose, sembrava di contemplare i banchi variopinti dei vari bazar aux épices. Le spezie sono protagoniste anche della cucina mauriziana, profondamente influenzata dalle tradizioni gastronomiche indiane e asiatiche, francesi e africane, che riflettono la natura multietnica dell’isola. I sette colori delle famose Terre li ritrovavo a tavola tra masala, cannella, cardamomo, peperoncino, senape, curcuma e zafferano.
Per capire davvero la cucina locale, il consiglio delle persone del posto era di fermarsi nelle table d’hôtes: ristoranti casalinghi dove si condivide il pasto con altri ospiti o con la famiglia che li gestisce, degustando un menu a più portate, servito al centro del tavolo. Da Escale Créole, nel distretto di Moka, il mio polpo è arrivato caldo e fumante in una cocotte di ceramica, accompagnato da chutney di cocco, zucca, riso bianco, lenticchie e cervo stufato, serviti in piccole terrine dai bordi colorati. «Il nostro menu racconta ciò che i mauriziani mangiano ogni giorno», spiegavano la signora Majo e la figlia Marie-Christine. In fatto di bon ton, a pranzo vigeva una regola fondamentale: non mischiare carne, pesce e cereali nel piatto, ma rispettare l’ordine delle portate. E infatti, qui non ho fatto i miei soliti “mappazzoni”.