Capita, durante un viaggio, di imbattersi in una casa che non è solo un edificio, ma una “storia da attraversare”. Un po’ ovunque si ritrovano dimore che hanno accolto scrittori e scrittrici, dove le pareti sembrano ancora custodire il suono dei loro pensieri, dei loro versi. Ogni stanza, ogni sala è un invito a curiosare tra arredi d’epoca, documenti, libri, fotografie, oggetti di una vita, quadri e ricordi. Ecco cinque proposte per chi ama lasciarsi ispirare anche in vacanza.
La Chascona di Pablo Neruda – Santiago del Cile, Cile

Basta varcare la soglia di La Chascona, nel quartiere Bellavista di Santiago del Cile, per sentirsi dentro una poesia. Pablo Neruda la costruì nel 1953 per Matilde Urrutia, la donna che fu sua amante per sei anni (mentre era ancora legato alla seconda moglie Delia del Carril) e poi sua compagna, dai lunghi capelli ricci e rossi e otto anni più giovane. Il soprannome di lei – “la chascona”, che in dialetto cileno significa “l’arruffata” – divenne il nome della casa. Ogni stanza di questa villetta-museo racconta un pezzo del poeta premio Nobel per la Letteratura nel 1971. A partire dal bar con elementi di una nave – non a caso si definiva “Capitano di terraferma” -, la sala da pranzo con il tavolo lungo e stretto per socializzare, la credenza con il set sale e pepe firmato “morfina” per stupire gli ospiti. Nella biblioteca, i suoi occhiali, una delle sue penne, la mano in bronzo che riproduce quella di Matilde.
Il suo orologio da muro è fermo all’11 settembre 1973, giorno del golpe cileno (lui morì poco dopo, il 23 settembre dello stesso anno). E non mancano decine di oggetti dal mondo: bambola russe e polacche, bicchieri colorati messicani. Era convinto che con i bicchieri a tinte sgargianti persino l’acqua avesse un altro sapore. Numerosi i dipinti conservati, e curiosa la mappa del mondo con i luoghi scritti in caratteri grandi o piccoli a seconda dell’importanza che avevano nella sua vita. Tra queste Città del Messico e soprattutto l’Italia con Capri, forse perché sull’isola, durante una residenza di quattro mesi, si era innamorato perdutamente di Matilde.
La casa dell’anima di Emily Dickinson – Amherst, Massachusetts

La chiamava “la casa dell’anima” e non era un’esagerazione. The Homestead, ad Amherst, nel cuore rurale del Massachusetts, fu il nido, la prigione dorata e l’universo creativo di Emily Dickinson. Qui visse gran parte della sua vita, scrisse versi, cucinò dolci, coltivò fiori, lesse Shakespeare ad alta voce nell’attico e in solitudine. Oggi la sua stanza è ancora lì, con la carta da parati a fiori rosa, un camino in marmo italiano, la copia del piccolo scrittoio sotto la finestra, da cui scorgeva la casa del fratello Austin. Sembra di vederla, seduta in silenzio, con una matita in mano, pronta ad appuntare pensieri anche sul retro della carta dei cioccolatini. E ancora, quell’abito bianco – semplice, con dodici bottoncini di alabastro – così diverso dagli abiti a strati e corsetti del periodo vittoriano.
Nel giardino che circonda la casa si scopre la serra, con gli attrezzi da giardino originali: amava l’orto, le piante, il gelsomino, l’oleandro. Era famosa per fare giardinaggio in notturna con la lanterna. E ovunque, libri. Emily leggeva molto e di tutto. Una volta scrisse: «I libri sono migliori del Paradiso perché il Paradiso è inevitabile, mentre i libri potrebbero scomparire». Tuttavia non pubblicò quasi nulla in vita. Fu la sorella Lavinia, dopo la sua morte, nel 1886, a trovare quelle poesie – ben 1789 – scritte su fogli cuciti a mano e nascosti sotto al letto e a impegnarsi perché venissero stampate e pubblicate.
Sui “passi” della poesia di Giovanni Pascoli – San Mauro Pascoli, Emilia Romagna

«Verrà qualcuno (io spero) a visitare il luogo dove sarò sepolto e dove nacqui…». È stato esaudito, il desiderio di Giovanni Pascoli. E continua a esserlo ogni anno, da quando la sua casa natale, nel cuore di San Mauro Pascoli (a pochi chilometri da Cesenatico), è diventata museo (ma già dal 1924 monumento nazionale). Il poeta, una delle voci poetiche più singolari del Novecento, vi trascorse i primi sette anni di vita e anche se abitò altrove, non dimenticò mai quelle mura. Una sobria abitazione che ha mantenuto intatta la cucina con la travatura in legno del soffitto, il grande focolare, oltre a utensili e mobili d’epoca, e dove il poeta guardava sua madre preparare la piada che gli ispirò una poesia.
Sono visibili anche la culla in legno intarsiato, le lettere all’amico Pirózz, la coperta fatta a mano dalla sorella Ida, il certificato di battesimo con l’inusuale indicazione della data di morte (6 aprile 1912). E non mancano le prime edizioni delle sue opere che, puntualmente, inviava in omaggio al Comune di San Mauro con affettuose dediche autografe. Due postazioni multimediali consentono l’approfondimento della sua vita e poetica. Pascoli la definiva la sua “dolce casina”, un luogo d’ombre e ricordi, profumato di cedrina. Ancora oggi l’erba Luigia cresce nel giardino: da essa si ricava “Il Luigino”, un liquore agrumato che è un viaggio nella memoria.
Il rifugio segreto di Anne Frank – Amsterdam, Olanda

Emoziona ritrovarsi davanti a quella copia del diario che tutti, almeno una volta, abbiamo letto da bambini. Si trova ad Amsterdam, sul retro di Prisengracht 267, in quella casa con la facciata elegante e le stanze spoglie, dove Anne Frank visse nascosta con la sua famiglia per sfuggire alle persecuzioni naziste. Oggi è un museo, visitato da milioni di persone ogni anno. Il diario, stampato inizialmente in 3mila copie, ha fatto il giro del mondo. Nelle teche sono esposti fogli, quaderni, appunti, ma anche la famosa cartolina degli scimpanzé inviata dalla madre, e l’album in cui Anne annotava frasi celebri o scriveva racconti di fantasia.
Ci si muove in un silenzio irreale, tra scale ripide e stanze vuote. In camera sua si nota ancora la carta da parati con le fotografie di star del cinema con le quali amava ravvivare le pareti: «le ho appese con i triangolini, così le posso togliere», scrisse il 18 ottobre del 1942. C’è anche il calendario con i compleanni delle case reali e gli alberi genealogici dei monarchi europei, che Anne adorava disegnare. Dal 2009, gli scritti sono Patrimonio dell’Umanità. E tra le citazioni che risuonano tra quelle pareti, una resta impressa più di tutte: «Nonostante tutto, credo ancora nell’intima bontà dell’uomo».
La dimora di Ernest Hemingway e dei gatti a sei dita – Key West, Florida

C’è un angolo di Key West, al 907 di Whitehead Street, dove il tempo pare essersi fermato. È la casa nella quale Ernest Hemingway visse per dieci anni. Costruita nel 1851 in pietra calcarea locale e in stile coloniale spagnolo, fu salvata dalla rovina dallo scrittore e dalla (seconda) moglie Pauline Pfeiffer. Oggi è un museo che custodisce la sua anima. La piscina – fu la prima interrata dell’isola – costò così tanto che Hemingway, per scherzarci sopra, lasciò nel cemento il suo “ultimo penny”: è ancora lì, incastonato tra le pietre, con un invito a chi passa a cercarlo. Nell’aria sembra quasi di avvertire la sua presenza: nello studio dove scriveva, nei mobili scelti da Pauline (ex redattrice di Vogue) trovati durante i numerosi viaggi, nei trofei dei safari africani, nelle foto delle sue quattro mogli esposte sopra la credenza (oltre a Pauline, anche Hadley, Martha e Mary).
E nei gatti: decine che girano indisturbati nella proprietà, molti con sei dita, discendenti del leggendario Snow White, regalo di un capitano di mare. Sulle pareti, ritratti di Fitzgerald, Stein, Picasso, Dalí, amici della Parigi bohémien. Una parete intera è dedicata alla pesca d’altura, sua grande passione. Fu qui che scrisse Avere e non avere, romanzo ispirato proprio agli abitanti dell’isola. La casa elegante e immersa nella vegetazione tropicale è sopravvissuta anche a diversi uragani.