Essendo originaria di Trinidad, ho sempre conosciuto la Giamaica in modo approssimativo, come un parente buono ma lontano; ma l’ho sempre ammirata per il forte senso di appartenenza che ha saputo infondere in mio marito, nato e cresciuto sull’isola. Viviamo con i nostri due figli a Raleigh, North Carolina, e ogni volta che visitiamo uno dei nostri paesi d’origine ricordiamo ai nostri bambini “trin-gia-mericani” che il viaggio sarà in parte vacanza al mare e in parte visite familiari, talvolta anche impegnative. E diamo sempre priorità a esperienze che producano una gioia duratura, piuttosto che a momenti di divertimento effimero.
Il nostro ultimo viaggio in Giamaica ci ha regalato una rara combinazione di entrambe le cose: tuffi notturni nelle miti acque lungo la costa occidentale dell’isola, sotto un cielo trapunto di stelle splendenti come diamanti; balli improvvisati ai bordi delle strade, con i bambini che si dimenava- no e volteggiavano al ritmo della musica dancehall locale proveniente dai negozi con le facciate di colori vivaci; e partitelle pomeridiane di calcio con cugini e sconosciuti su terreni pubblici. I nostri figli – Luke, otto anni, e Noelle, sei – hanno visto la Giamaica attraverso gli occhi del padre: occhi che brillavano di gratitudine nel vedere con quanta facilità i suoi ricordi più cari venivano riposti nelle pieghe della loro infanzia.
Cucina Ital: il cibo che nutre corpo e spirito
Il mio spirito di autrice di libri di cucina è rimasto profondamente rassicurato dal fatto che i bambini mangiassero ackee and saltfish (un frutto locale che ricorda le uova strapazzate, saltato in padella con il baccalà) a colazione, callaloo (verdure a foglia verde stufate) e festival (pane fritto dolce) a pranzo e jerk speziato di ogni tipo a cena. Non hanno nemmeno notato l’assenza dello yogurt in bustina che amano tanto. Da mangiatrice curiosa, volevo saperne di più sulla presenza massiccia dell’Ital, la sostanziosa cucina giamai- cana interamente vegetariana, intrisa di storia e simbolismo religioso.
Questo stile alimentare (e di vita) occupa un suo spazio, in misura variabile, in quasi tutti gli angoli assolati dei Caraibi. Essenzialmente consiste nel mangiare cibi che stimolano l’energia vitale o livity – il concetto spirituale rasta che si riferisce a tutto ciò che è puro, incontaminato, quasi vergine. L’Ital rifiuta qualsiasi prodotto o sottoprodotto di origine animale, così come gli alimenti coltivati in terreni che contengono additivi chimici o che sono stati trattati con pesticidi.

Mango, una lezione di pazienza e gioia
Avrei voluto saperne di più, ma davanti al prevalere delle esigenze e dei desideri del nostro soggiorno in Giamaica ho messo da parte la curiosità, attribuendola al mio interesse da cuoca per un patrimonio gastronomico con cui dopo tutto non avevo molto in comune. Ma poi Luke mi ha dato un nuovo spunto. Un pomeriggio, verso il tramonto, ha deciso di raccogliere un mango da uno degli alberi nel giardino di sua nonna per fare uno spuntino prima di cena. Dopo aver osservato i frutti con attenzione per decidere quale fosse il migliore, ha usato un bastone lungo il doppio del suo corpo per colpire un ramo e staccare il mango, facendo attenzione a non ammaccarne la buccia liscia e perfetta.
Dopo circa 10 minuti di pazienti tentativi – il viso determinato, gli occhi dalle folte ciglia decisi a vincere la sfida – il mango gli è caduto tra le mani in attesa. Luke mi ha lanciato uno sguardo di pura gioia, perché aveva appena vinto l’equivalente scolastico dell’oro olimpico. Poi, con un gesto quasi riflessivo, ha usato i denti per staccare la buccia e mordere a fondo la polpa dorata. Il succo di mango gli colava lungo il braccio, fermandosi sul gomito. Il suo corpo manifestava una serie di emozioni, a cominciare dall’orgoglio.

Mi sono avvicinata, non per congratularmi ma per rimproverarlo, seppure con tono affettuoso: «Devi lavare il mango prima di mangiarlo!». Luke mi ha guardato con l’aria confusa, la bocca e il mento coperti di succo giallo, e mi ha chiesto: «Perché? L’ho preso direttamente dall’albero. Non è perfetto?». Sono rimasta in silenzio perché aveva ragione lui. E sospetto che abbia considerato questo silenzio complice come un’altra sua vittoria. Quella sera mi sono ripromessa di impegnarmi per conoscere meglio i numerosi lati positivi dell’Ital. Dovevo approfittare di quel momento conoscitivo così naturale da essermi quasi sfuggi- to, e porvi rimedio.
Facendo qualche ricerca, ho scoperto che l’Ital è stata creata dai seguaci del rastafarianesimo, la religione resa popolare dall’attivista giamaicano contro il colonialismo Leonard Percival Howell, e ispirata alla filosofia dell’imperatore etiope Hailé Selassié, il cui nome originale era Ras Tafari. Negli anni Trenta, nonostante la feroce opposizionedel governo coloniale della Giamaica, il movi- mento religioso rastafariano conobbe una grande diffusione, grazie anche ai sermoni di Howell che sostenevano la necessità di promuovere l’identità nera.

Un incontro tra cucina e spiritualità giamaicana
Questa affermazione popolare fu favorita dallo spirito edificante del reggae di uno dei seguaci più famosi di questo culto, Bob Marley. Benché negli ultimi anni il rastafarianesimo sia cambiato per diffusione e tono – rafforzandosi agli occhi di alcuni e disperdendosi secondo altri – ciò che è rimasto intatto è la convinzione costante che l’alimentazione avvenga in modo na- turale. E in Giamaica non è difficile trovare questa convinzione. Sono rimasta sorpresa nel vedere quanti resort e ristoranti adottano l’etica Ital dell’amore per la terra.
Al Jamaica Inn, hotel di lusso a conduzione familiare a Ocho Rios, l’executive chef Maurice Henry sceglie un approccio pragmatico per far conoscere l’Ital agli ospiti. Da sette anni organizza ogni venerdì una visita al vicino mercato di contadini, seguita da una lezione di cucina. «Cerco tutti i frutti che crescono spontaneamen- te, dalla sapotiglia alla mela Otaheite», dice Henry. «E ne parlo agli ospiti offrendo loro la possibilità di toccarli, assaggiarli e conoscere come vengono utilizzati».

Dall’entroterra alle coste, in Giamaica non è difficile vedere come la natura prosperi e si manifesti in modi diversi, in cui ogni elemento è in relazione agli altri e mai isolato. Questo approccio sembra raggiungere la massima efficacia nella cucina Ital, che non solo propone pasti naturali sostenibili e iper-salutari (e altri rimedi tradizionali), ma mette anche in risalto il concetto per cui i cibi lavorati in modo naturale possono racchiu- dere un elemento divino. Dopo tutto, il principio fondamentale dell’Ital deriva dal versetto biblico – che ho ripetuto ai miei figli – in cui Dio dice ad Adamo: “Ecco, io vi do ogni erba che produce seme sulla superficie di tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo” (Genesi 1:29).
Nonostante il suo fulcro religioso, la cucina Ital include un forte elemento di leggerezza, come aveva chiaramente dimostrato mio figlio. Mentre viaggiavamo da Montego Bay a Negril lungo il tortuoso Norman Manley Boulevard che costeggia il Mar dei Caraibi, fermandoci ad acquistare pezzi di canna da zucchero dai venditori lungo la strada, ho capito che i principi fondamentali dell’Ital rispecchiano la conformazione agraria dell’isola. Questo aspetto era particolarmente evidente a Negril, la città più occidentale.
Nonostante sia una meta ambita per la sabbia bianchissima, le acque blu cobalto, i tramonti affascinanti e la disin- volta eleganza caraibica, non ha perso il suo status di tranquillo “paradiso hippy”. Due eccellenti resort appartenenti allo stesso gruppo, il Rockhouse Resort & Spa e lo Skylark Negril Beach Resort, sembrano offrire il giusto equilibrio, mettendo in primo piano non solo lo stile di Negril ma anche l’anima della Giamaica. Al Rockhouse, l’hotel sulla scogliera che da tempo è una destinazione per eco-viaggiatori bene informati, il proprietario australiano Paul Salmon e il suo fedele team lo- cale hanno capito come chiedere meno alla terra ottenendo di più.

Per esempio tutti i letti, i tavoli, le scrivanie e le sedie sono fatti in loco con legname di recupero. Mio marito si è follemente innamorato di un grande tavolo da scacchi intagliato a mano, completo di due sedie, i cui 32 pezzi erano tutti così elaborati da sembrare antichi cimeli. Ha cercato su internet qualcosa di simile, senza trovare nulla che vi si avvicinasse. La tenuta del Rockhouse include anche una straordinaria serra idroponica di oltre 400 metri quadrati in cui vengono coltivati circa 1.500 cespi di lattuga ed erbe aromatiche e altri 300 ortaggi, tra cui pomodori e peperoni, raccolti ogni giorno.
La serra è gestita da Dwayne St. Hill, esperto locale di agricoltura rigenerativa e proprietario della Gro N Green Organic Farm, che utilizza olio di neem come insetticida naturale. La produzione media settimanale è di circa 110 chili di prodotti orto- frutticoli, che riforniscono entrambe le proprietà di Salmon (l’eccedenza viene venduta ad altri resort).

Durante una visita improvvisata alla serra ho assaggiato diversi pomodori e delle piccole ciliegie così dolci, succose e con una leggera nota acidula da sembrare caramelle. St. Hill ha notato la mia espressione estasiata, e sorridendo ha commentato: «Ecco i risultati del turismo rigenerativo». Benché gli alimenti prodotti con coltura idroponica non siano tecnicamente considerati Ital, questo procedimento rispecchia – in forma moderna e scientifica – la sua etica orientata alla natura.
Da quel momento in poi, il mio obiettivo è stato di chiedere al maggior numero possibile di chef – il cui lavoro consiste nel rendere memorabili gli ingredienti quotidiani – come riescano a integrare i piaceri più comuni dell’Ital in un menu che risulti coinvolgente ed esaltante. Kahari Woolcock, executive chef del ristorante Miss Lily’s allo Skylark, parte da un’osservazione personale per integrarla nel suo lavoro. «Tutti i giamaicani che conosco, dopo i 45 anni eliminano la carne», dice. «Mangiano pesce fino a cinquant’anni e poi diventano vegani, in pieno stile Ital».

Bushman Ital stew, emblema della cucina tradizionale giamaicana
La sensibilità di Woolcock si riflette nel suo menu. Quando ho assaggiato il Bushman Ital stew, per esempio, uno stufato con cocco, piselli, patate dolci e barbabietole, sono rimasta incantata dal mix di spezie dal sapore deciso abbinato a una consistenza delicata: un delizioso inno all’entroterra dell’isola preparato con grande cura, in cui si riesce perfino ad assaporare la ricca storia che lo ha creato.
«Sempre più ospiti chiedono opzioni vegetariane e vegane», ha dichiarato Salmon. «Ci muoviamo al passo con i tempi e cerchiamo di soddisfare questa richiesta. Rientra nel nostro obiettivo di essere un hotel responsabile». A questo punto del nostro viaggio era chiaro che Luke e, in misura minore, Noelle avevano capito che la cucina Ital non significa semplicemente mangiare vegetariano – o vegano. Avevano intuito che sotto la superficie si nascondono un significato e una storia più profondi. È stato interessante notare che i bambini iniziavano a fare dei collegamenti, scambiandosi commenti nel loro linguaggio infantile. Un esercizio che abbiamo adottato pure noi senza neanche rendercene conto – i bambini hanno un modo tutto loro di in- segnare ai genitori – per cui finivamo per cercare la cucina Ital anche nei posti meno scontati.
Half Moon Resort: il lusso che celebra la cucina giamaicana
L’ampio Half Moon Resort a Montego Bay, con la sua tenuta di 160 ettari e un tratto di spiaggia lungo tre chilometri, richiama da sempre i viaggiatori che amano l’atmosfera di un grande hotel di lusso. Lo Sugar Mill, il ristorante principale, propone un menu che «narra la storia della cucina giamaicana dalla campagna al mare», come afferma lo chef de cuisine Christopher Golding. Inserendo nei suoi piatti ingredienti autoctoni quali legumi di caiano, chocho (un tipo di zucca), ibisco e frutto dell’albero del pane, Golding riesce a conciliare diversi mondi in un menu coerente che trasmette un profondo senso del territorio. È stato bello vedere come un grande resort come l’Half Moon rimanga fedele agli ideali autentici dell’isola.

Acqua di cocco: un gesto che parla al cuore
Qui ho assistito a un altro momento istruttivo, che non vedevo l’ora di condividere con mio figlio. Nel resort lavorano molti giardinieri che, tra le loro attività quotidiane, mantengono la vegetazione del complesso perfettamente potata. Un giorno uno di loro, dopo aver tagliato dei rami irregolari di una palma da cocco, ha messo da parte alcune noci di cocco piene d’acqua. Intorno a lui si è formato rapidamente un gruppetto di ospiti in costume da bagno provenienti dalla spiaggia e dalla piscina. Con un sorriso dolce e generoso e con rapidi e precisi colpi di sciabola, ha aperto le noci di cocco e ne ha offerta una a ogni ospite. Istintivamente tutti hanno sollevato le noci di cocco infilando il viso nel guscio duro per berne l’acqua ricca di elettroliti.
Me ne stavo in disparte e osservavo in silenzio. Nessuno ha chiesto cannucce, bicchieri o altro. In effetti quasi nessuno parlava, come se quel gruppetto casuale accomunato dai visi umidi e raggianti avesse concordato di non violare quel prezioso silenzio. Probabilmente era la prima volta che assaggiavano l’acqua di cocco direttamente dalla noce, ma in un contesto culturale genuino e senza pretese (proprio come il mango di mio figlio) il gruppo, più o meno consapevolmente, era l’improbabile destinatario di quell’indefinibile mistica naturale giamaicana di cui cantava Bob Marley. E, proprio come Luke, erano portavoce dell’Ital nel suo stato più virtuoso e sacro. Avevo imparato la lezione, e questa volta il mio silenzio era un canto di gioia.
VIAGGIO ITAL IN GIAMAICA

Half Moon
Questo resort con 210 camere e 19 ville offre una gamma completa di espe- rienze di lusso: un campo da golf regolamentare, una spa perfettamente attrezzata e un centro di equitazione. I piatti del ristorante Sugar Mill esaltano gli ingredienti autoctoni.
Jamaica Inn
Lussuosi cottage e suite fron- te oceano sono caratterizzati da un disinvolto glamour in stile coloniale caraibico e hanno accesso a un lungo arco di spiaggia appartata a Ocho Rios. Il Terrace Restaurant serve cucina Ital.
Rockhouse Resort & Spa
Costruito negli anni Settanta, è stato uno dei primi hotel del West End di Negril. Dispone di 40 camere e offre panorami spettacolari, un’eccellente spa e la possibilità di nuotare nelle grotte. Scoprite le pro- poste vegane e vegetariane del ristorante.
Skylark Negril Beach Resort
Situato sull’incontaminata Seven Mile Beach, questo resort dispone di 43 camere arredate con cura in stile retrò tropicale. Andate al Miss Lily’s per gustare la specialità della casa: il Bushman Ital stew.
Rasta Ade Refreshments
Questo ristorante salutista sulla rinomata Seven Mile Beach propone cucina vega- na e succhi di frutta freschi.
Zimbali Culinary Retreat
A trenta minuti da Negril, Mark e Alecia Swainbank hanno creato questa oasi montana per proporre la cultura e la cucina Ital e avvicinare gli ospiti alla natura.
Rastafari Indigenous Village
A breve distanza da Montego Bay, questo villaggio fondato nel 2007 – attualmente messo in pericolo dalla costruzione di una strada, (verificare le aperture) – offre un’introduzione al tradizionale stile di vita rastafariano rigenerativo». Benché gli alimenti prodotti con coltura idroponica non siano tecnicamente considerati Ital, questo procedimento rispecchia – in forma moderna e scientifica – la sua etica orientata alla natura.