Giochiamo alle associazioni di idee: se io dico “Maldive”, tu cosa rispondi? Proviamo: viaggio di nozze, Capodanno al caldo (e molta invidia da parte di chi resta a casa), colazione galleggiante nella piscina privata, snorkeling sulla barriera corallina. Un’immagine forse un po’ stereotipata, ma che rimane solida. Eppure, uno degli elementi chiave di questo ritratto oggi è a rischio. Negli ultimi anni il reef ha subito l’aumento anomalo delle temperature oceaniche, culminato nel grande evento di sbiancamento del 2017 che ne ha distrutto ampie parti. Un problema enorme per le Maldive, dove il turismo e i servizi collegati rappresentano circa il 40% del PIL, secondo il più recente Maldives Development Update pubblicato dalla Banca Mondiale. Una dipendenza strutturale che rende il Paese particolarmente vulnerabile.
Per di più, sono anche le condotte poco accorte dei visitatori che contribuiscono a peggiorare lo stato di salute della barriera corallina: colpi di pinna, discese in acqua maldestre o la semplice curiosità di toccare un corallo provocano danni. Come dice Vinita Singainy, biologa marina del resort Constance Moofushi, con un sorriso amaro: “Mi sono convinta che dev’essere una legge della natura umana: se trovi qualcosa su cui stare in piedi, lo farai. E il risultato è che io trovo pezzi di corallo rotti ovunque.”

Moofushi è un’isola dell’atollo di Ari Sud di proprietà del gruppo Constance Resorts, che ospita un resort di lusso dall’atmosfera molto rilassata: le scarpe si abbandonano all’arrivo, e non si indossano nuovamente fino al momento di riprendere l’idrovolante al ritorno. Qui si cena con i piedi nella sabbia guardando gli squaletti pinna nera che nuotano placidi nelle pozze di luce create dalle lampade. A pochi metri dai tavoli, l’airone grigio delle Maldive cammina dinoccolato sulla riva, in cerca di piccole prede tra le onde.
L’atollo, collocato lungo la rotta migratoria delle mante, è tra i più spettacolari dell’arcipelago: basta scendere in mare con la maschera per ritrovarsi circondati da anthias arancioni, pesci Napoleone e tartarughe Hawksbill. Moofushi è considerato uno dei migliori siti per immersioni al mondo, e ha fatto una scelta distintiva: assumere una biologa marina a tempo pieno. Il suo ruolo è spiegare, proteggere e, in un certo senso, tradurre la barriera corallina.
Facciamo un passo indietro. Fino a pochi anni fa, era comune per molti resort maldiviani organizzare sessioni di shark feeding: si gettava del pesce in acqua per attirare gli squali vicino alla riva e permettere agli ospiti di fotografarli. Era spettacolare, certo, ma anche distruttivo: abituare un predatore selvatico al cibo umano altera i suoi comportamenti e può mettere in pericolo chi nuota nei dintorni. Per inciso: nelle ricerche per questo articolo mi sono imbattuta in studi dei primi anni ‘10, che descrivevano lo shark feeding come una forma di “ecoturismo”, un modo per rendere le persone più sensibili alla tutela della vita marina. È una visione evidentemente invecchiata male, ma racconta bene quanto velocemente cambi il concetto stesso di “sostenibilità”.

La scelta di reclutare una biologa marina a tempo pieno – una presenza costante come lo chef o il direttore – è indicativa di questa presa di coscienza. Singainy lavora su tre fronti. Il primo è tecnico: collabora con il centro immersioni per definire prassi rispettose della vita marina.
Il secondo è educativo: insieme a colleghi e volontari, Singainy partecipa a programmi nelle scuole degli atolli vicini, con l’obiettivo di creare consapevolezza sulla fragilità dell’ambiente marino. Tra i temi più delicati c’è quello delle tartarughe, oggi specie protetta ma per secoli una preziosa risorsa alimentare: “Sono abitudini difficili da modificare, su cui serve fare un lavoro paziente e rispettoso”. Del resto, un tempo questo consumo era sostenibile, ed è stato l’aumento della popolazione, insieme alla pressione sulle risorse marine, a cambiare le cose. Il terzo ambito è quello esperienziale, legato al rapporto con gli ospiti del resort: ogni settimana, Singainy tiene per loro un’introduzione informale all’ecosistema oceanico al bar principale della struttura. Non è una lezione accademica, ma un’introduzione accessibile.
Qui serve un po’ di contesto: una barriera corallina è un ecosistema vivo, costruito da milioni di minuscoli organismi animali. I coralli duri, quelli che formano la struttura del reef, producono carbonato di calcio e creano le basi rocciose su cui prosperano pesci, alghe e invertebrati. Nel reef convivono due tipi di alghe. Le simbionti, che sono microscopiche, vivono all’interno dei tessuti del corallo e sono essenziali: gli forniscono ossigeno e nutrienti – oltre ai suoi bellissimi colori. Ma esistono anche le macrofite, che competono con il corallo; se proliferano, ne soffocano la crescita. Quando la temperatura sale troppo, le alghe simbionti abbandonano il corallo: “Senza di esse, il corallo può sopravvivere quattro, al massimo sei settimane,” spiega Singainy, “poi muore”.

Da alcuni anni in diversi atolli delle Maldive è attivo un programma di “ripopolamento” del corallo, di nome Reefscapers, che prevede di installare intorno agli atolli telai metallici, su cui vengono ancorati frammenti di corallo: qui a Moofushi ci sono strutture di tutte le fogge, dall’albero di Natale alla bicicletta. Col tempo, si spera, su di esse si formeranno nuove colonie. “Gli ospiti sono sempre un po’ sorpresi quando mi trovano sott’acqua a pulire i coralli con lo spazzolino da denti per evitare che le alghe li ricoprano” dice ridendo Singainy. Ma anche loro, se lo desiderano, possono farsi coinvolgere direttamente in queste missioni subacquee di pulizia o di innesto di nuovi coralli – attività che convivono naturalmente con i piaceri maldiviani classici di un resort come Moofushi, come una degustazione di vini a mollo nell’oceano o una proiezione serale sulla spiaggia in un cinema allestito direttamente sulla sabbia, con un bicchiere di bollicine in mano.

Ovviamente, con la fine del fenomeno di El Niño la situazione dei coralli è in parte migliorata, ma la tendenza generale purtroppo resta: anche senza picchi estremi, le acque si stanno progressivamente scaldando. Così questi interventi rischiano di non essere risolutivi, e sono in corso anche esperimenti per trapiantare specie più resistenti al calore. “Ma i coralli” spiega ancora Singainy “amano la stabilità: se vengono spostati in un ambiente nuovo non è detto che si adattino. “Inoltre, non tutto si può fare ovunque: Moofushi si trova ai confini di un’area marina protetta, dedicata alla riproduzione dello squalo balena. È una posizione particolare: garantisce acque ricche di vita ma impone anche vincoli rigorosi. “Ampliare i limiti delle aree protette sarebbe positivo in teoria,” spiega Singainy, “ma significherebbe non poter più intervenire sul corallo in alcun modo, nemmeno per trapiantarlo. È un equilibrio delicato: proteggere, ma senza immobilizzare”.
Le Maldive sono spesso considerate una vacanza di pura fuga, un luogo dove si va per lasciarsi tutto alle spalle, in esplicita contrapposizione a un viaggio in cui si impara qualcosa. Ma è una falsa dicotomia: più si conosce il luogo che si visita, migliore è l’esperienza che se ne fa. Capirlo, e trovare strategie per convivere con questo equilibrio fragile, è l’unico modo perché il sogno delle Maldive resti possibile.