Immersione zen (e gourmet) a Tachikawa

Immersione zen (e gourmet) a Tachikawa

In un sobborgo di Tokyo, Auberge Tokito unisce il fascino dell’ospitalità giapponese al lusso contemporaneo. E a una straordinaria cucina d’autore.
Lo chef Yoshinori Ishii, che guida il progetto, intento a realizzare una composizione di Ikebana
Lo chef Yoshinori Ishii, che guida il progetto, intento a realizzare una composizione di Ikebana

Grandi magazzini pieni di prodotti ricercati, il vasto parco urbano di Showa Kinen, la monorotaia che corre sopra alle teste, il consueto brulicare degli innumerevoli ristorantini e izakaya e delle tante persone che affollano la stazione principale, importante snodo di collegamento tra la metropoli e le montagne: Tachikawa è una vivace cittadina alla periferia occidentale di Tokyo, simile ad altre zone della sterminata area suburbana della capitale giapponese. Se però si scende alla piccola stazione di Nishi-Kunitashi, l’atmosfera è ben diversa: stradine tranquille, negozietti sonnecchianti, un passaggio a livello e la fila ordinata di biciclette e persone che aspettano il loro turno per passare, raccontano che qui il ritmo è più lento. Lo è ancora di più, varcando l’imponente portale in pietra che dà accesso all’Auberge Tokito, evoluzione contemporanea – ma dal fascino saldamente radicato nel patrimonio culturale giapponese – di un ryokan dall’inatteso spirito gourmet.

L’ingresso della sala da tè Tokito Sabo. Foto di Auberge Tokito

Le lunghe tende bianche del portale lasciano solo immaginare cosa ci sia oltre l’ingresso: alberi secolari e arbusti che crescono con studiata spontaneità, giardini zen e vialetti di pietra, sale per banchetti dove viene servita anche la prima colazione in stile giapponese, alte mura punteggiate di lanterne e fontane che conducono alle stanze tenendo lontani i rumori della città, una chashitsu (casa da tè tradizionale) dove assaggiare raccolti pregiati accompagnati da sushi, dolci wagashi o occidentali e altri bocconi, senza però ritualità cerimoniali. E soprattutto lo spazio del ristorante, che si divide tra una bella sala dall’eleganza minimalista e un bancone da cui ammirare gli chef all’opera mentre creano piatti ispirati alla stagione e all’abbondanza della natura dando vita a un’appagante cucina giapponese innovativa, come nel caso del filetto di maccarello reale atlantico con crema di fave, piselli mange-tout, cipolla novella e aceto di foglie di shiso.

Profondamente intriso di spirito e spiritualità giapponese, Auberge Tokito riesce a mantenere intatto il fascino rituale dell’ospitalità nipponica senza risultare artefatto, mixandolo in maniera indovinata con accenti occidentali e dettagli di lusso contemporaneo, ma mai ostentato: toki vuol dire tempo, o momento, e qui tutto invita a godere appunto dell’istante lasciando lontane almeno per un po’ le preoccupazioni quotidiane e a riempire il proprio tempo di bellezza. Mentre il concetto di base è Meguru megumi, una sorta di “circolarità della grazia”.

Ishii con i colleghi Kenji Okawara, general manager, e Hiroki Hiyama, chef. Foto di Auberge Tokito


Creato nel 1938 come albergo – il Mimon-an –, negli anni successivi questo luogo ospitò le truppe dell’aviazione impegnate nella base aeronautica di Tachikawa per le operazioni belliche, fino a divenire un ristorante kaiseki molto popolare, chiuso nel 2019. L’intera proprietà era destinata a essere abbattuta per lasciar spazio a nuovi palazzi, ma la Tachihi – società giapponese già proprietaria del Sorano hotel e di diverse altre attività, tra cui un birrificio e il teatro locale Stage Garden – ha voluto preservare quest’angolo di bellezza e quiete recuperando gran parte dei materiali originali riportati a nuova vita, e rendendolo la cornice di un progetto gastronomico estremamente interessante.

Auberge Tokito, infatti, è affidato a un trio di chef capitanati da Yoshinori Ishii, che prima di tornare in Giappone per seguire l’impresa ha guidato a lungo un rinomato ristorante due stelle Michelin a Londra. Affabile e pacato ma al tempo stesso vulcanico e inarrestabile, ad affiancarlo ci sono Kenji Okawara – anche lui cuoco esperto e grande conoscitore dell’isola settentrionale di Hokkaido e dei suoi splendidi prodotti, ma oggi in veste di general manager – e il più giovane e talentuoso Hiroki Hiyama, che ha lavorato anche in Italia tra Roma e Bergamo, al seguito di Chicco Cerea nelle cucine di Da Vittorio.

L’impronta di Ishii – che è artefice in prima persona delle raffinate ceramiche del ristorante, realizzate con l’argilla scavata durante i lavori ricostruzione e arricchita dalle ceneri delle cotture, e delle belle decorazioni ikebana che impreziosiscono gli ambienti – è evidente in tanti aspetti, inclusa la selezione di vinili di grandi nomi del jazz a partire da John Coltrane, da ascoltare in camera con il giradischi di design. Il ristorante e la sala da tè Tokito Sabo sono aperti agli ospiti su prenotazione, mentre sono solo quattro le camere shukubo (termine che nasce in riferimento agli spartani soggiorni nei templi buddisti, e che qui acquista il significato di un lusso essenziale ma completo), create in una zona riservata della proprietà per chi vuole godere della tranquillità zen di Auberge Tokito anche dal tramonto all’alba e oltre, immergendosi nella sua rigenerante atmosfera che sembra essere fuori dallo spazio e dal tempo.

L’onsen privato di una delle camere shukubo. Foto di Auberge Tokito

Se due hanno letti reclinabili in stile occidentale e le altre un’ampia zona tatami (ma con un comodo materasso più alto del tradizionale futon), ciascuna dispone di un bel soggiorno con divano e postazione lavoro, di un frigorifero in cui trovare frutta fresca, birra e altre bevande e un delizioso gelato al tè matcha, di un grande bagno con lettino per massaggi e trattamenti con oli di essenze tipicamente giapponesi come yuzu, gelsomino o legni profumati, e di un giardino con onsen privato. Immergersi nell’acqua termale densa e scura che sgorga nella vasca in pietra da una sorgente sotterranea a 1.300 metri di profondità regala un’immediata e avvolgente sensazione di benessere, acuita dai rumori della natura. E dalla consapevolezza che, almeno per 24 ore, c’è qualcuno pronto a prendersi cura di noi con grazia infinita.

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