Se non fosse per il colore del mare – quell’azzurro sfumato che anche i sardi inseguono nelle loro giornate libere – nessuno direbbe che questa costa sud-orientale della Sardegna, precisamente nella frazione di Costa Rei, negli anni Settanta ospitava un istituto di formazione alberghiera incastonato tra strutture legate al sistema carcerario. Qui non arrivavano di certo i viaggiatori internazionali di oggi.
Poi, come spesso accade su quest’isola, la natura ha fatto il resto: mareggiate che modellano la spiaggia, dune che avanzano e arretrano, fino a che il mare non le inghiotta. Ed è in questo contesto che è nata La Villa del Re, boutique hotel cinque stelle adults-only, che oggi sembra quasi un ossimoro: lusso silenzioso in una terra segnata da storie di confino. Qui si viene per evadere dal caos della città o concedersi una parentesi detox, riscoprendo il piacere del “dolce far niente”: l’unico impegno sarà scegliere il lettino sulla spiaggia privata, allenarsi nella palestra en plein air o sorseggiare Champagne con fragole a bordo piscina (come ho visto fare a una coppia).
Un regno di quiete

«Il nome La Villa del Re gioca volutamente con il passato della zona», racconta Francesca Montis, membro del team. «Un tempo qui si viveva da detenuti, oggi i nostri ospiti vivono da “re”. E la differenza si percepisce già al check-in, che avviene nel dehors vista piscina a sfioro sul mare, con un drink e un sorriso».
La struttura, con le sue 50 camere, ha scelto una formula radicale: niente bambini – «non perché siamo contrari, ma perché si annoierebbero», precisa Montis – niente buffet a colazione (di default arriva un’alzatina che conduce dai salumi e formaggi fino ai lievitati dolci del giorno, ma si possono ordinare altri piatti, come french toast, omelette e yogurt di capra del posto), un servizio calibrato al dettaglio e la possibilità di isolarsi completamente. Non sorprende quindi che oltre la metà della clientela sia composta da coppie in viaggio di nozze, provenienti da Stati Uniti, Francia, Germania e naturalmente Italia, soprattutto ad agosto.
Dopo l’estate, l’hotel si concede la consueta pausa stagionale, da ottobre ad aprile, periodo in cui la famiglia Poli, proprietaria della struttura, si dedica agli altri indirizzi del gruppo alberghiero: il Monastero di Cortona, anch’esso cinque stelle, e l’Hotel Barocco, quattro stelle nel cuore di Roma. Così fa anche gran parte del team che, oltre a frequentare corsi di aggiornamento, durante lo stop lavora negli altri indirizzi della proprietà, in attesa che la stagione sull’isola riparta.
«Quando sono arrivato qui ho trovato un’accoglienza straordinaria, che mi ha fatto sentire subito a casa» racconta Alessandro Ercolani, direttore generale de La Villa del Re. Toscano, con una lunga esperienza alla guida del Castello di Spaltenna nel Chianti, ha scelto la Sardegna per una nuova sfida: dirigere uno dei rari cinque stelle della costa sud-orientale. La sua filosofia abbraccia quella dell’albergo e mette al centro l’ospite, seguito in ogni dettaglio: «Il vero lusso – sottolinea – è l’equilibrio tra discrezione, natura e qualità dell’accoglienza».
Gastronomia: grandi classici senza nostalgia

Se un tempo qui si imparava a “fare ospitalità” tra i banchi della scuola alberghiera, oggi il sapere si è trasformato in alta cucina. Lo chef Giovanni De Candido, siciliano trapiantato in Sardegna per amore, reinterpreta i sapori locali con sguardo mediterraneo. Al ristorante gourmet Le Palme, la sua lasagnetta di pane carasau è una rivisitazione elegante del tradizionale pane frattau con pomodoro e uovo, mentre la fregola con crostacei e zafferano racconta la contaminazione perfetta tra mare e terra.
D’effetto è anche il servizio alla lampada, un gesto senza tempo che riporta in scena l’arte del flambé: dalle crêpes Suzette ai filetti al pepe verde, fino a sorprendenti paste mantecate sotto gli occhi degli ospiti. A rubare la scena sul finale è il carrello dei formaggi: un percorso che parte dalla Sardegna – con pecorini Dop stagionati, canestrati, caprini a pasta dura e un erborinato di capra “Froriu” – e si apre poi ad alcune eccellenze della Penisola, come il Testun al Barolo o raffinati caprini veneti. Qualche incursione Oltralpe, tra Francia e Inghilterra, completa l’esperienza, ma il cuore resta ancorato alle produzioni isolane, in particolare con le referenze di Silvio Boi (tra i soci fondatori del Consorzio Pecorino Sardo Dop), autentiche protagoniste di una tavola che parla la lingua del territorio, da abbinare a composte altrettanto locali di mirto, mandarino, fichi e fichi d’India.
Più casual è la proposta del Vista Mare, spazio con focus sulla griglia e programmazione di serate a tema, come quella dedicata a un menu di pesce oppure di carne (da provare il maialetto allo spiedo), per un richiamo a una convivialità che ricorda le feste paesane, ma in chiave luxury.
La cantina come caveau

Dove un tempo regnava l’austerità, oggi trionfa l’abbondanza. Il capo sommelier Ivan Rizzo ha costruito una cantina che non ha nulla da invidiare a quelle stellate: 1.300 etichette, verticali di Sassicaia, Borgogna e Champagne in prima fila, degustazioni alla cieca capaci di sorprendere anche i palati più esperti. «All’inizio pensavamo che gli ospiti volessero bere solo vini locali. Invece – spiega Rizzo – chi ama Borgogna lo cerca anche in Sardegna. Così abbiamo creato una carta che è un viaggio nel viaggio».
Per il mio personale piacere ho però scelto di restare sull’autoctono, degustando il Nasco, vitigno a bacca bianca tipico del cagliaritano, raro da trovare al di fuori dell’isola e che raggiunge una delle sue massime espressioni nell’Iselis della cantina Argiolas.
Un’altra costa
La forza di questo luogo sta nell’essere un’elegante parentesi incastonata in un territorio ancora selvaggio. Le spiagge candide, ad esempio, non sono mai le stesse: cambiano forma di anno in anno, modellate dalle mareggiate. I tramonti, invece, restano una certezza, trasformandosi in scenografie perfette per proposte di matrimonio improvvisate, di cui lo staff conserva aneddoti e ricordi in una chat interna. Un lusso che non rinnega il passato, ma lo reinterpreta come rifugio per chi cerca l’essenziale: mare, silenzio, cucina, e una Sardegna capace di sorprendere persino i suoi abitanti.