In bici sulla strada del vino: itinerario dal Lago di Garda fino a quello di Caldaro

In bici sulla strada del vino: itinerario dal Lago di Garda fino a quello di Caldaro

Quattro giorni di ciclo–enoturismo, visitando vigne e distillerie, assaggiando le etichette che raccontano un territorio da scoprire sui pedali.
L'autore e un compagno di viaggio affacciati sul Lago di Garda


La sera prima della partenza è sempre giocata sull’ironia anzi sull’autoironia. Perché non dobbiamo correre l’Eroica né battere alcun record, ma prima di salire sui pedali abbiamo sempre la sensazione di affrontare una piccola sfida con noi stessi. È anche questa piccola iniezione di adrenalina che rende il cicloturismo un’esperienza differente ogni volta.

Noi però siamo essenzialmente enoturisti e le tappe del viaggio – dato che “tour” fa tanto, troppo Tour de France – sono tenute vitivinicole e cantine, ma anche distillerie e borghi che intrecciano la propria storia con la cultura della vite. D’altra parte, nel vino conta moltissimo il terroir che non è solo questione di suoli, ma anche di atmosfere, di persone, di pensieri e tradizioni, di cultura e colture. E in sella alla bici, scegliendo l’esperienza lenta del paesaggio, si scoprono angoli di territorio che inevitabilmente sfuggono quando si viaggia veloci su mezzi a motore: borghi e insenature, sorgenti d’acqua e vigneti scoscesi, santuari e meleti, un’osteria o un ristoro che fanno subito comunità. Vigna e mele, miele, cantine e distillerie… il genius loci è quello che congiunge come un filo rosso il Lago di Garda e le Alpi, attraversando il Trentino e l’Alto Adige tra strade del vino e ciclabili su cui si stagliano montagne che incutono rispetto. A Trento si può salire attraversando la lunga piana che segue il fiume Brenta in Valsugana, percorrendo l’ottima ciclabile immersa nella natura, ma il percorso cicloturistico probabilmente più accattivante per chi cerca esperienze enogastronomiche si collega alle ciclopiste che circondano il Lago di Garda per poi salire verso nord, inseguendo quei venti che tanto sono importanti per dare qualità alle uve dei viticoltori trentini e altoatesini. Partiamo allora dalle sponde del lago, dove la luce che si specchia sull’acqua ci dà l’abbrivio per iniziare il nostro percorso tra vini e pedali.

Dal Garda fino a Trento

Tappa sul Garda trentino

Seguendo un tracciato che valorizza le eccellenze della Strada del Vino e dei Sapori del Trentino, raggiungiamo come prima tappa la cantina Madonna delle Vittorie, proprietà della famiglia Marzadro, dove il focus è sul Trentodoc che raccoglie l’apprezzamento degli ospiti e parallelamente si gioca di curiosità con i vini lavorati con macerazione nelle anfore degli specialisti trentini Tava. Proprio con la fornace dei vasi vinari ha lavorato Emiliano Baroldi, l’enologo con la camicia (di solito bianca) che nella storica Vineria nel borgo di Mori – tappa obbligata in bici e non solo – propone le sue etichette e maison ricercate della Champagne, accompagnate da una cucina di pesce intrigante. 

Proseguendo in direzione nord lungo un percorso ciclabile nella natura, la tappa successiva è tra gli storici alambicchi della distilleria Marzadro a Nogaredo, la più grande del Trentino. Tra esposizione museale e area produttiva, una passeggiata tra le colonne di rame e poi tra le anfore e le botti di affinamento regala emozioni e profumi, tanto più quando Alessandro Marzadro – attualmente presidente dell’Istituto di tutela Grappa del Trentino – ci regala l’opportunità di qualche assaggio dei distillati in affinamento, stimolando la curiosità. E l’occasione di un inconsueto pairing tra speck e formaggi locali con una grappa affinata in botti ex–Laphroaig che lascia stupiti. Si torna subito al vino con i “vicini di casa” di Marzadro, la cantina Vivallis. Oggi parte del gruppo Cavit, questa realtà vitivinicola storica della Vallagarina si è fatta interprete del territorio con alcuni progetti che ancora oggi sono nicchie di eccellenza: la linea di vini dedicata a Depero (che disegnò il primo logo della maison) e i Trentodoc che escono sotto l’egida di Valentini di Weinfeld, che fu il pioniere del Metodo Classico in terra trentina tanto che i suoi spumanti uscivano come Champagne in Vallagarina. Costruendo un ponte tra futuro e tradizione, Vivallis è da un lato attenta a un vitigno storico qual è il Marzemino, dal quale porta in bottiglia un Superiore d’Isera capace di invecchiare, mentre dall’avvio di nuovi progetti con i resistenti Piwi nasce una linea che strizza l’occhio alla nuova sensibilità dei consumatori.

L’ultima tappa della prima giornata è a Romagnano, sul versante che sovrasta Trento. Seguendo il corso dell’Adige, godendo di boschi e strade bianche, arriviamo all’Agriturismo Maso Mirì tra i vigneti dell’azienda Mittesteiner Mara. Al tramonto il Trentodoc Mirì è l’ottima chiusura del percorso, mentre brindiamo ai chilometri della prima giornata e iniziamo a pianificare la seconda.

Dal Trentino all’Alto Adige

Ciclo-enoturisti sulle strade del Trentino, pedalando tra i vigneti con la proposte Taste & Bike

Non proprio nella forma del ciclo–enoturismo, ma in terra trentina c’è stato un grande protagonista dello sport che ha unito la vigna e il pedale: Francesco Moser. Il grande campione ha infatti le sue radici in Val di Cembra, dove la famiglia coltivava i vigneti da generazioni, e dopo aver appeso le bici al chiodo ne ha fatto un piccolo museo personale all’interno della sala degustazione della sua azienda subito sopra Trento. Raggiungerla costringe a uno sforzo, vista la pendenza tra i ripidi tornanti, ma assaggiare le ottime bollicine della maison Moser ripaga – tanto più che oltre al Brut e al Brut Nature, sembra un privilegio assaggiare col campione il 51,151, primo esperimento con il Metodo Classico nato per celebrare il record dell’ora stabilito nel 1984. Riallacciandoci all’Adige, pedaliamo tra le montagne fino a San Michele all’Adige, dove l’Azienda Agricola Zeni coniuga sotto il tetto di una piccola realtà familiare la produzione di vini fermi (dalla Nosiola al Teroldego Rotaliano, solo per citare quelli che parlano di territorio), la spumantistica classica e la distillazione delle vinacce per la produzione di grappa.

Per i più arditi, nella seconda giornata potrebbe valere la fatica una sgambata fino alla Val di Cembra, dove i vigneti (soprattutto della varietà principe, il Müller–Thurgau) ricamano le pendici scoscese dei monti e gli assaggi non sono mai troppi, ma dove c’è pure l’occasione di conoscere il grande distillatore Bruno Pilzer. Poichè l’Adige è diventato l’asse cartesiano del nostro percorso verso nord, dopo San Michele abbandoniamo il Trentino e proseguiamo allacciandoci alla Südtiroler Weinstrasse che tra Salorno e Nalles attraversa 16 comuni altoatesini toccando una settantina di cantine. A Salorno facciamo una tappa da Patrick Uccelli, che con la moglie Karoline guida in biodinamica la Tenuta Dornach. I loro vini hanno una personalità marcata e conquistano un pubblico trasversale di wine lover, con numeri e persone della famiglia come nomi, ma a Dornach si trovano anche confetture, creme spalmabili e miele di Karoline; l’osteria contadina tra le vigne è un luogo perfetto per un aperitivo che spazia dal Pinot nero a un’interpretazione originale del Gewürztraminer.

Da Salorno ci muoviamo verso Castelfeder, l’azienda della famiglia Giovanett che tra i paesi di Egna e Cortina lavora 60 ettari di vigneti, dai quali nascono i vini da varietà autoctone oltre al Pinot Nero, e dopo una visita veloce raggiungiamo la “sublimazione” al Paradeis della famiglia Lageder. L’azienda è un pezzo importante della tradizione enoica altoatesina, avendo influenzato con suo approccio olistico e biodinamico l’evoluzione dei progetti vitivinicoli nel territorio. Alla sesta generazione, propone convivialità, svago e leggerezza alla Vineria & Osteria Paradeis.

Degustazione di spirits alla storica Distilleria Marzadro

La “faticosa” Südtiroler Weinstrasse

Il terzo giorno è un vero tour de force, non per le gambe bensì per il palato. Risalendo verso nord rimanendo a ovest dell’Adige, la strada del vino è costellata di cantine che hanno un valore iconico per il territorio, non fosse altro perché alternano architetture storiche a progetti di design contemporaneo che caratterizzano il panorama. Entrando nel territorio di Cortaccia, la tenuta Tiefenbrunner consente di fare un viaggio nel tempo fino al XIII secolo. La cantina è infatti all’interno di Castel Turmhof, un’antica fortezza circondata da 25 ettari di vigneti che arrivano fino a 940 metri di altitudine.

Tra sale affrescate e angoli resi suggestivi dai segni lasciati da secoli di lavoro, dopo la visita alla cantina c’è subito l’assaggio di un piatto tradizionale al bistrot nel castello, accompagnato dai bianchi affilati e di grande agilità della linea Merus. Rimanendo a Cortaccia, non possiamo non sostare alla Cantina Kurtatsch per qualche foto dalla terrazza della struttura contemporanea nata dalla matita degli architetti Silvia Dell’Agnolo ed Egon Kelderer, ma anche per assaggiare i vini dalle microparcelle in quota della linea Tres e i vini di Terroir. Risaliamo in sella per raggiungere Termeno, ma prima di arrivare al borgo e alle cantine paghiamo pegno alla Distilleria Psenner, dove il patron Werner ci racconta l’origine del primo whisky single malt italiano (che ci fa assaggiare) come sfida nata tra gli alambicchi tradizionalmente dedicati a grappa, acquavite e liquori. Per fortuna non c’è troppo da pedalare per raggiungere la tenuta Elena Walch, dove la padrona di casa Karoline ci suggerisce un vero e proprio trail tra i vigneti che conduce a una terrazza naturale, dove una verticale di Gewürztraminer (dal 2007 al 2021) ci permette di riconoscere l’eleganza senza tempo di un vitigno troppo spesso sottovalutato.

Scendendo dai pendii, riconosciamo le linee geometriche che si intrecciano, come i tralci della vite, sulla facciata di Cantina Tramin. L’opera (pluripremiata) dell’architetto Werner Tscholl è una sintesi in cui convivono passato e futuro, legno e ferro, vetro e cemento, e all’interno torniamo a riscoprire il vino icona di Tramin: quel Gewürztraminer che trova la sua espressione iconica nell’Epokale (vecchie vigne, vendemmia tardiva, sette anni di affinamento nella miniera di Ridanna Monteneve a duemila metri di altitudine). Sulla piazza del borgo di Termeno si affaccia il palazzo signorile del XVI secolo che è base della Tenuta J. Hofstätter, ampliato nel 1997 da Martin Foradori Hofst tter con una moderna “torre del vino” audacemente accostata al campanile quattrocentesco.

Gli assaggi in cantina spaziano dai Gewürztraminer ai Pinot nero, ma si riparte velocemente verso l’area di Caldaro dove prevediamo di concludere il nostro tour. Prima di raggiungere il paese, ci fermiamo alla dimora nobiliare della famiglia Go.ss–Enzenberg che nasconde (sotto i vigneti) la nuova cantina di Manincor. Dall’agricoltura biodinamica derivano vini dal grande fascino e in particolare ci conquista la Schiava da viti vecchie dalla vigna der Keil, a 250 metri di altitudine sul Lago di Caldaro. Concludiamo la giornata – con pochi chilometri nelle gambe e diverse degustazioni che raccontano l’identità enoica dell’Alto Adige – alla tenuta Klosterhof, dove la famiglia Andergassen ci accoglie per una degustazione che spazia dal Pinot bianco fino all’imperdibile Kalterersee, che valorizza la Schiava come emblema di questo areale. Il pernotto all’hotel tra i vigneti consente qualche calice in più, senza utilizzare la sputavino. Il viaggio lungo l’Adige si conclude intorno a Caldaro, dove il quarto giorno ci dedichiamo a poche pedalate e molti assaggi tra le cantine dell’ottimo Kalterersee: da T. Pichler a Steflhof, da Niklas a Ritterhof fino a Seppi.

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