Bad Gastein fuori dagli schemi

Bad Gastein fuori dagli schemi

Come una città sciistica e termale austriaca è entrata a far parte del circuito artistico europeo.
Harfen
Harfen, una scultura di Olaf Holzapfel, vista durante un tour a piedi nei dintorni di Bad Gastein, in Austria.

Guidando verso Bad Gastein, vedevo la località dipanarsi come fosse un diorama. Situata tra le montagne degli Alti Tauri in Austria, si estendeva lungo una valle arrampicandosi su due vertiginosi pendii. Nella parte alta, potevo vedere imponenti edifici della Belle Époque, con case in stile Art Nouveau e altre più antiche sotto di loro, e in mezzo a tutto la scrosciante cascata di Bad Gastein. L’insieme assomigliava al set di un film di Wes Anderson: l’ex Grand Hôtel de l’Europe, nel centro della città, è una copia perfetta del Grand Budapest Hotel.

Qualche anno fa, ho iniziato a sentire parlare di Bad Gastein da amici del mondo dell’arte a Berlino, dove vivo. Mi dissero che questa piccola e stravagante cittadina – già affermata destinazione sciistica ed escursionistica – era diventata un rifugio per i creativi di tutta Europa e stava cercando di promuovere una scena artistica indipendente alla stregua di quanto accadeva a Joshua Tree, in California, o a Marfa, in Texas. Lo scorso luglio, finalmente, sono andata a vedere di persona.

Bad Gastein, a 90 minuti di auto da Salisburgo e facilmente raggiungibile in treno da Berlino o Monaco, ha una storia stratificata. A partire dai Celti nel IV secolo a.C., è stata una zona di miniere d’oro. Poi, dal XVI secolo e fino alla prima metà del XX secolo, fu nota soprattutto per le qualità terapeutiche delle sue sorgenti termali. La città si era trasformata in un luogo di ritiro dove intellettuali come Sigmund Freud trascorrevano l’estate, e artisti come Gustav Klimt andavano per disegnare. I reali, tra cui Sissi, l’imperatrice Elisabetta d’Austria, frequentavano i suoi sanatori per le cure termali. Attorno al 1900 vennero aperte le stazioni sciistiche che fecero di Bad Gastein una destinazione alpina: nel 1958 vi si svolsero i Campionati Mondiali di Sci e oggi la città dispone di quattro aree sciistiche con piste incredibilmente ripide.

Bad Gastein: una destinazione in cui l’arte è al centro dell’attenzione

A metà degli anni 70, tuttavia, la gloria di Bad Gastein iniziò a svanire e molti edifici del centro caddero in rovina. Alla fine degli anni 90, quando l’architetto Ike Ikrath e sua moglie Evelyn – la cui famiglia gestisce l’Haus Hirt Hotel & Spa, albergo degli anni 20 tuttora in funzione – si trasferirono qui, la località aveva un che di spettrale e deserto. «La città stava andando in bancarotta ed era un disastro», mi ha detto Evelyn Ikrath. A volte, però, se si piantano i semi giusti, le cose belle possono crescere.

È esattamente quello che è successo a Bad Gastein negli ultimi vent’anni: artisti provenienti da tutta Europa hanno creato progetti site-specific, infondendo nuova vita alla città. In un periodo in cui molte località sciistiche europee devono vedersela con il cambiamento climatico, Bad Gastein si è ridefinita come una destinazione per gli sport invernali in cui l’arte è al centro.

Salotto dell’hotel Cōmodo

Dopo aver lasciato le valigie al Cōmodo – un sanatorio degli anni 60 che, all’inizio del 2023, è rinato come hotel di 70 camere dall’estetica Mid-Century Modern – mi sono recata al Kraftwerk, una centrale elettrica abbandonata che è stata convertita in ristorante, studi temporanei e spazio espositivo. Ero lì per incontrare la curatrice amburghese Andrea von Goetz per l’inaugurazione di art:badgastein, una fiera d’arte lunga una settimana che aveva lanciato l’anno precedente. L’ho trovata che teneva banco in mezzo a una variopinta folla di collezionisti, artisti e galleristi.

«Quando sono venuta con la mia famiglia a Bad Gastein per la prima volta, all’inizio degli anni 2000, era una specie di luogo abbandonato e strano», mi ha raccontato von Goetz, «ma per me sembrava una bella opportunità, come un gigantesco pezzo di carta bianca». Così, iniziò a collaborare con Doris Höhenwarter, che in quel periodo lavorava per l’ente del turismo, con gli Ikrath, che nel corso degli anni hanno trasformato l’Haus Hirt nell’elegante struttura di 33 stanze che è oggi, e con Olaf Krohne, che gestisce l’elegante hotel Regina. Nel 2011, von Goetz e gli altri hanno avviato sommer.frische.kunst (“estate.fresca.arte”), un programma di residenza artistica al Kraftwerk.

Hanno anche ideato un “Art Walking Tour” con 15 opere d’arte site-specific disseminate tra la città, le valli e le foreste circostanti. Una spettacolare scultura in legno rosso, Harfen (Arpe), dell’artista berlinese Olaf Holzapfel, è stata eretta nel vicino Parco Nazionale degli Alti Tauri. La passeggiata è intesa come «una sorta di caccia al tesoro o di pellegrinaggio», mi ha detto Evelyn Ikrath. «Si potrebbero passare diversi giorni a camminare per trovare tutte le opere».

Da sinistra: la piscina dell’Haus Hirt Hotel & Spa, foto di Cathrine Stukhard/Haus Hirt; Andrea von Goetz, curatrice di sommer.frische.kunst e il suo assistente, Jonah Kittelmann, con le opere d’arte di Andi Fischer. Foto di sommer.frische.kunst.

Il tour a piedi e la fiera hanno reso la scena artistica locale giocosa e interattiva. Gisela Clement, proprietaria di una galleria d’arte femminile a Bonn, in Germania, mi ha raccontato qualcosa di simile. «Tutte le altre grandi fiere d’arte sono diventate così commerciali», ha detto. «Questa invece conserva un’atmosfera intima e autentica». Il giorno dopo ho passeggiato lungo la Kaiser Wilhelm Promenade, un sentiero tra i boschi con un’affascinante caffetteria, il Café Schuh, e una vista spettacolare sulla valle sottostante.

Tornata in città, ho fatto un salto nelle gallerie che espongono artisti emergenti. Mi ha colpito in particolare un’installazione di Pegasus Product, collettivo berlinese composto dagli artisti Dargelos Kersten, Anton Peitersen e Gernot Seeliger. Avevano creato una sorta di “oracolo esperienziale” che giocava sulla concezione moderna del benessere e della spiritualità: i partecipanti pagavano per lanciare fili di gomma su una superficie di vetro che veniva sottoposta ai raggi X; poi si sedevano su una sedia e infilavano la mano in un’apertura. Ne veniva fuori un’immagine stampata, arrotolata in una penna Bic Cristal e trasformata in una collana.

Da sinistra: serata di inaugurazione di sommer.frische.kunst; la cascata di Bad Gastein.

Più tardi, a una cena per circa 200 persone che celebravano la sommer.frische.kunst al rifugio Bellevue Alm, la von Goetz era seduta a capotavola, con un bicchiere di spumante in mano. Ha osservato la folla gioiosa e mi ha confidato di sentirsi felice di questo momento celebrativo, ma anche di restare cauta. Non voleva che Bad Gastein facesse la fine di altri centri d’arte, sfruttati dagli immobiliaristi e commercializzati, escludendo gli artisti. Con un lavoro ben fatto, a suo parere la comunità potrebbe «costruire una città di montagna pronta per il futuro». E in quel momento, circondata da creatori e collezionisti fiduciosi, molti dei quali indossavano i loro ciondoli Pegasus Product, le ho creduto.

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