Al Mincovna, un ristorante della Staré Město (Città Vecchia) di Praga che risale all’XI secolo, lo storico della gastronomia ceca Martin Franc ha indicato il suo piatto e ha detto qualcosa che un secolo fa avrebbe potuto farlo espellere dalla città. «Ci piace pensare che questi knedlíky siano unicamente cechi», ha detto a proposito degli ariosi gnocchi di pane, un punto fermo della cucina del Paese. «Ma probabilmente sono nati altrove, nell’impero austro-ungarico». Il menu mi sembrava abbastanza innocuo: cotoletta, gulasch, filetto di maiale arrosto e anatra confit serviti con cavolo rosso e gnocchi. Qualsiasi viaggiatore potrebbe pensare che si tratti della tipica cucina ceca, e in parte è così. Ma il team del Mincovna cucina specificamente piatti dell’Impero austro-ungarico, il regno dell’Europa centrale che, dal 1867 al 1918, ha incorporato parti delle attuali Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Repubblica Ceca, Italia settentrionale, Polonia, Romania, Serbia e Slovenia.

«Stiamo iniziando a tornare alle nostre radici», mi ha detto il giorno dopo Jitka Sobotková, curatrice gastronomica del Museo Nazionale dell’Agricoltura di Szreniawa. «Il riemergere della cucina austro-ungarica a Praga è un segno che noi cechi stiamo accettando con orgoglio la nostra storia». Un’accettazione non sempre facile, soprattutto considerando che i loro antenati non avevano voce in capitolo durante quel periodo.
La scena gastronomica di Praga

Fino alla fine della Prima guerra mondiale, Praga e la regione che la circonda, la Boemia, erano state per secoli sotto il dominio austriaco. Una volta liberi dall’Austria, i cechi e i loro vicini slovacchi formarono la Cecoslovacchia. Ma l’indipendenza ebbe vita breve: appena 20 anni dopo i nazisti la invasero e, alla fine della Seconda guerra mondiale, la Cecoslovacchia passò sotto il controllo dell’Unione Sovietica. Per 41 anni i cittadini cechi vissero sotto un regime totalitario dettato da Mosca e i cuochi furono obbligati, per legge, a seguire gli standard sovietici.
Un libro di cucina pubblicato dallo Stato, Ricette per pasti caldi, era una delle guide obbligatorie. A peggiorare le cose, il razionamento del dopoguerra e la diminuzione delle scorte di prodotti alimentari fecero sì che le ricette si riducessero e venissero ulteriormente semplificate. «Mio nonno lo chiamava ‘il libro di cucina del diavolo’», mi ha detto Martin Bohaček, chef del rinomato ristorante Augustine al tempo della mia visita a Praga.

Quando il Paese cominciò a emergere da dietro la cortina di ferro nel 1989, la cucina ceca era diventata pesante e poco fantasiosa. Per due decenni la scena gastronomica di Praga è stata costituita principalmente da ristoranti francesi, italiani e giapponesi, ricercati per quanto mediocri, e da alcuni fumosi pub cechi. Ma nell’ultimo paio d’anni, chef come Oldřich Sahajdák, del ristorante stellato La Degustation Boheme Bourgeoise, e Zdeněk Pohlreich, del celebre Café Imperial, locale in stile tradizionale, e del moderno bistrot Next Door by Imperial, hanno iniziato a scovare libri di cucina della fine del XIX secolo, dando un tocco moderno ai piatti tradizionali.

«Non sono sicuro che trenta o quarant’anni fa fossimo pronti ad accettare il nostro posto in questa parte della storia europea», mi ha detto Marek Hosnedl. All’epoca del nostro incontro, era lo chef di Masaryčka, un ristorante boemo aperto nel 2021 all’interno della Stazione ferroviaria Masaryk, operativa dal 1845 nel centro della città. «Ma non avremmo comunque potuto preparare questo cibo a quei tempi, perché non avevamo gli ingredienti per farlo. Ora li abbiamo». Con Hosnedl ho mangiato il pörkölt, uno stufato ungherese, seguito da un risotto al gorgonzola, due esempi di piatti con ingredienti che erano ancora rari e costosi quando il Paese si stava adattando alla sua alla sua nuova indipendenza. Il mattino seguente, mi sono recato al ristorante Augustine, situato nell’omonimo hotel nel quartiere di Malá Strana.
La cucina austro-ungarica

All’epoca lo chef Bohaček organizzava cene a tema austro-ungarico ogni giovedì, da ottobre a marzo. «È una cucina sostanziosa, perfetta per l’inverno», ha detto. «Ma la nostra vera motivazione era mostrare alla gente locale da dove proviene la nostra cucina». Bohaček ha battuto le dita sulla copertina rigida bordeaux del volume sul tavolo di fronte a noi, un libro di cucina che gli aveva regalato suo nonno, anche lui cuoco. Pubblicato nel 1914 e contenente ricette austro-ungariche, è stato fonte di ispirazione per quelle cene settimanali, con piatti come le costine di cinghiale e il paprikash di pesce gatto. «Gli storici della gastronomia cercano sempre di trovare piatti autentici, sperando di scoprire che sono specificamente cechi», ha detto. «Ma il più delle volte provengono dall’ex impero».

Un paio di giorni dopo, durante il pranzo al Next Door by Imperial – dove ho ordinato le guance di vitello brasate alla birra scura con purè di patate – ho chiesto allo chef Pohlreich di questo crescente apprezzamento per la cucina austro-ungarica. Sebbene lui e i suoi colleghi abbiano iniziato la loro carriera culinaria sotto i restrittivi mandati comunisti, nota che l’attuale ondata di chef non ha vissuto quell’esperienza. «La nuova generazione ha viaggiato e lavorato nelle cucine di tutta Europa e del mondo», mi ha raccontato.
«Non si sentono politicamente obbligati a limitarsi alla cucina ceca». Da quando il Paese ha riacquistato l’autonomia, ha vissuto diversi decenni di solida stabilità economica e politica. I cechi di oggi hanno un senso della propria identità nazionale più forte rispetto alle generazioni precedenti. I comuni cittadini si sentono ormai a proprio agio nell’immergersi nelle acque dell’impero di cui un tempo facevano parte, godendo dei frutti commestibili della sua storia.

«È vero», mi ha detto lo chef Sahajdák quando mi sono fermato a La Degustation Boheme Bourgeoise, nella Città Vecchia. «Siamo stati parte dell’Impero austro-ungarico molto più a lungo di quanto siamo stati una nazione indipendente». Ha dato un’occhiata al menu, una rappresentazione fisica del passato e del presente. «Abbiamo una storia legata a tutti i popoli dell’ex impero. Siamo più vicini al resto dell’Europa di quanto non lo fossimo, ad esempio, trent’anni fa». È un segnale di speranza, perché la città guarda oltre l’autonomia nazionale e abbraccia una storia ricca e multiculturale, attraverso un gesto semplice come ordinare una cotoletta di vitello impanata.
Dove alloggiare
Andaz Praga
Situato in posizione centrale vicino ad attrazioni come il Museo Mucha, dedicato all’illustratore dell’Art Nouveau, questo confortevole hotel, parte del gruppo Hyatt, dispone di 176 camere dallo stile contemporaneo.
Augustine, A Luxury Collection Hotel, Praga
Questo hotel è ospitato all’interno del Monastero di San Tommaso (una piccola comunità di monaci vive ancora accanto) del XIII secolo. Gli spazi pubblici e le 101 camere riecheggiano lo stile clericale originale, con soffitti a volta e affreschi ben conservati, ora abbinati ad opere d’arte moderna.
Dove mangiare
Augustine Restaurant
In questo ristorante ungherese di alta cucina all’interno dell’Augustine Hotel, è possibile ordinare alla carta ma l’opzione migliore è scegliere uno dei cinque menu degustazione, che mettono in risalto ingredienti come barbabietole, spugnole, carni e formaggi provenienti da contadini locali.
La Degustation Boheme Bourgeoise
La cucina tradizionale ceca fa da cornice al menu di questo ristorante stellato, dove lo chef Oldřich Sahajdák propone una piccola selezione di antipasti come il cavolo rapa con mela ed erba cipollina o la trota con aneto e grasso di maiale affumicato, seguito da un menu fisso di cinque portate con la possibilità di abbinare vini europei.
La Republica
Un ristorante informale in un edificio storico vicino Piazza della Repubblica, con piatti che evocano il passato culinario del Paese. La carne è protagonista, dal petto d’anatra alla griglia con salsa di ciliegie al gulasch di manzo, e alla cotoletta di maiale.
Masaryčka
Questo locale di lusso nella stazione ferroviaria Masaryk serve piatti come il “tagliere della vecchia Boemia”, che comprende formaggio in salamoia, peperoni piccanti e vejmrda (insalata di rafano e mele). C’è anche il tradizionale budino di pane, un dessert a base di mele, uvetta macerata e caramello.
Mincovna
Un tempo sede della Zecca di Praga, questo ristorante in Piazza della Città Vecchia è specializzato in piatti sostanziosi e tradizionali austro-ungarici, come il romadur (formaggio fritto con salsa di mirtilli rossi e spinaci), e il gulasch di manzo con gnocchi di patate.
Next Door by Imperial
In questo elegante bistrot della stessa gestione del Café Imperial, un piatto ceco da provare è la coscia d’anatra con cavolo bianco caramellato e gnocchi di patate. Opzioni più leggere includono l’insalata di piselli con Wagyu marinato, baccelli di fagioli e vinaigrette allo yuzu.